In azione davanti la sede milanese di Intesa Sanpaolo. Photo credits: Alessandro Vona

Questa mattina a Milano abbiamo aperto uno striscione sulla facciata della sede di Intesa Sanpaolo con il messaggio “Basta soldi al carboneL’Australia brucia”.

Attivisti e attiviste sono davanti una delle sedi storiche della banca, per denunciare i finanziamenti che il gruppo finanziario italiano continua ad elargire alle fonti fossili ed in particolare alla multinazionale indiana Adani, una delle compagnie più inquinanti al mondo, responsabile del progetto di sfruttamento del giacimento minerario Galilee in Australia.

Pur presentandosi come paladina della sostenibilità, con recenti annunci di investimenti verdi, Intesa Sanpaolo rimane ad oggi una delle pochissime tra le principali banche internazionali a non avere ancora adottato nessuna politica di restrizione dei finanziamenti alle fonti fossili. In un momento delicato come quello attuale, con le conseguenze dei cambiamenti climatici sotto gli occhi di tutti, questo comportamento non è più accettabile: chiediamo al gruppo torinese di finirla con i falsi annunci e di bloccare immediatamente i finanziamenti alle aziende, come Adani, che stanno mettendo a rischio il nostro Pianeta!

In azione davanti la sede milanese di Intesa Sanpaolo. Photo credits: Alessandro Vona

#UnaSporcaIntesa con Adani

Intesa Sanpaolo ha concesso alla multinazionale indiana Adani due prestiti del valore complessivo di 78 milioni di euro. Dato che Adani finanzia la propria espansione attraverso prestiti e investimenti intra-societari, una parte di questi 78 milioni potrebbe finire nel progetto Carmichael, uno dei più controversi della compagnia per i suoi impatti ambientali.

Il progetto Carmichael, infatti, prevede la realizzazione della più grande miniera di carbone a cielo aperto australiana, una tra le più estese al mondo.

Adani mira ad estrarre 60 milioni di tonnellate di carbone all’anno per sessant’anni: carbone che, una volta bruciato, provocherebbe il rilascio nell’atmosfera di 4,6 miliardi di tonnellate di CO2. Oltre agli impatti sul clima, la miniera minaccia anche di danneggiare ulteriormente la Grande Barriera Corallina, a causa dei lavori di espansione delle infrastrutture portuali necessari a consentire l’aumento dei volumi di commercio. Il costo complessivo dell’opera è stimato intorno agli 11 miliardi di euro, ma l’intensa campagna di pressione internazionale su banche e assicurazioni ha reso estremamente difficile per Adani trovare i capitali necessari.

Quasi 40 tra le principali banche al mondo hanno escluso il loro coinvolgimento nel finanziamento diretto al progetto Carmichael, ma molte di queste continuano a prestare soldi ad Adani. Tra loro c’è anche Intesa Sanpaolo.

In azione davanti la sede milanese di Intesa Sanpaolo. Photo credits: Alessandro Vona

Una finanza diversa è possibile!

Gli investimenti degli istituti finanziari giocano un ruolo fondamentale nell’accelerare o contrastare la crisi climatica e Intesa Sanpaolo, al momento, si trova dal lato sbagliato della barricata.

Situazioni come quella che vive proprio l’Australia, messa in ginocchio da incendi devastanti e improvvise alluvioni, dimostrano la pericolosità di nuovi piani di sfruttamento di una fonte fossile che sta avendo effetti devastanti sul clima del Pianeta. Gli istituti bancari non possono continuare a far finta di nulla, ma devono assumersi le loro responsabilità.

Lo scorso giugno, l’istituto francese Credit Agricole ha compiuto un passo importante in questa direzione, ovvero lo stop completo agli investimenti nelle società che intendono espandere il carbone, Adani inclusa. E’ arrivato il momento che anche Intesa Sanpaolo prenda azioni concrete per dimostrare il suo impegno per il Pianeta!

In azione davanti la sede milanese di Intesa Sanpaolo. Photo credits: Alessandro Vona