Greenpeace Spain carried out an action on one of the most iconic Spanish buildings to protest against the TTIP.

Da giorni circola sui giornali la notizia che una nuova versione del  TTIP, il trattato di libero scambio tra l’Europa e gli USA, sventato qualche anno fa dopo una battaglia molto intensa, potrebbe di fatto rientrare dalla finestra ed essere messo di nuovo sul tavolo.

Ma perché si torna a parlare di questo accordo e perché è tanto importante che il Governo si impegni a discutere con i parlamentari, i produttori, i sindacati, le associazioni e la  società civile delle politiche commerciali che lavorino meglio per l’economia, per i diritti, per l’ambiente e per i territori?

La materia è complessa, ma proviamo a spiegarvela in modo semplice. Seguiteci.

Cosa è successo: il principio di precauzione nel mirino

A fine gennaio il Segretario americano all’agricoltura del governo Trump – Sonny Perdue –  ha incontrato i commissari europei al commercio, all’agricoltura e alla salute a Bruxelles e in Italia il ministro delle politiche agricole Teresa Bellanova.  Sul tavolo, gli accordi commerciali fra le potenze, e soprattutto la guerra dei dazi che da mesi sta agitando i commerci tra le due sponde dell’Atlantico e che ha già colpito anche i prodotti agroalimentari italiani.

In estrema sintesi, quello che è trapelato dalla stampa è che il governo statunitense starebbe caldamente suggerendo l’approvazione di un nuovo accordo fra Stati Uniti ed Unione Europea per scrivere la parola fine al conflitto sull’import-export USA/Europa, che comprenda indirettamente anche il settore dell’agroalimentare, nonostante la Commissione Ue non abbia mandato ufficiale per includerlo.

Un “suggerimento” che è un braccio di ferro sleale e che pone al centro del mirino lo stesso principio di precauzione,  la base che difende l’Europa da molti di quei prodotti nordamericani che non passerebbero nessuno standard in casa nostra. In pratica, siamo di fronte a un nuovo tentativo di livellare al ribasso le cosiddette “barriere non tariffarie”, cioè quelle norme europee a tutela di salute e ambiente per forzare l’arrivo sul mercato europeo di prodotti frutto di agricoltura industriale e di OGM, mal mascherati col nome di New Breeding Techniques.

Da dove arriva la guerra dei dazi? Il caso Airbus

I dazi posti dall’amministrazione americana ai prodotti europei – che gli USA usano come spauracchio – sono autorizzati in base ad una recente pronuncia del WTO (World Trade Organization, l’Organizzazione mondiale del commercio) che pone fine ad un contenzioso durato anni, quello AirbusBoeing.

L’organizzazione mondiale del commercio ha stabilito che gli USA possono imporre dazi ai prodotti europei per 7,5 miliardi di dollari (equivalenti a 6,8 miliardi di euro) come compensazione per gli aiuti di stato illegali concessi da alcuni paesi Europei (Germania, Francia, Regno Unito e Spagna) al consorzio aeronautico Airbus. 

Il TTIP per non toccare gli interessi delle auto

Come se non bastasse, neanche un mese fa lo stesso Trump ha fatto capire senza troppi giri di parole che senza un accordo sul commercio con la Commissione Europea, gli Usa imporranno dazi sulle importazioni di auto europee. Una decisione che mette sull’attenti soprattutto il settore automotive tedesco

Detto in altre parole, il rischio concreto è che si baratti il settore agroalimentare e soprattutto il principio di precauzione, non solo per colpa del contenzioso Airbus, ma anche per non andare a toccare  il settore delle auto!

È una situazione assurda, in cui vengono penalizzati settori che non c’entrano nulla e si mette potenzialmente a rischio la nostra sicurezza alimentare, la biodiversità e la salute. Offrire all’amministrazione Trump l’accesso al mercato europeo per carni bovine americane trattate con ormoni, pollo disinfettato con acido peracetico e OGM, sperando di evitare le tariffe statunitensi sulle automobili Volkswagen e BMW, è un doppio disastro per l’ambiente e gli agricoltori! 

Per noi non c’è bisogno di aggiungere altro: non vogliamo svendere i diritti al profitto e tantomeno vogliamo rischiare di compromettere i nostri standard per contenziosi in cui – come al solito – il profitto di pochi andrebbe a scapito di molti! Non vi pare?

Greenpeace activists and volunteers take part in a national demonstration against TTIP in Rome.