Le deforestazioni che si consumano in Sud America – in particolare nella foresta del Gran Chaco – e la produzione di carne che viene abitualmente esportata in Europa (e dunque in Italia) potrebbero sembrare due problemi differenti, ma in realtà sono fenomeni connessi tra loro: il legame emerge chiaramente dal nostro report “Foreste al macello”, frutto di un’indagine durata oltre un anno.

Il Gran Chaco è, dopo l’Amazzonia, la seconda foresta tropicale più ampia dell’America Latina, nonché la più grande foresta tropicale secca presente in Sud America. Si tratta di un’area di oltre 1,1 milioni di chilometri quadrati che interessa tre diverse nazioni – Argentina, Bolivia e Paraguay – e che ospita 4 milioni di persone, circa l’8% è composto da Popoli Indigeni,  la cui vita dipende dalla foresta.

Nel Gran Chaco si registra uno dei più alti tassi di deforestazione al mondo: questo avviene principalmente a causa degli allevamenti e dell’espansione indiscriminata delle piantagioni di soia geneticamente modificata. Il problema è ancora più evidente in Argentina, un Paese che gioca un ruolo fondamentale come consumatore, produttore ed esportatore di carne bovina e che – attualmente – è il sesto Paese al mondo sia per numero di capi di bestiame che per esportazione e produzione di carne. Lo scorso anno l’Italia ha importato dall’Argentina 5.800 tonnellate di carne fresca, diretta principalmente in Emilia-Romagna, che ospita gran parte delle aziende di trasformazione e distribuzione di carne.

Nel 2018 l’Argentina è stata il secondo esportatore di carne in Europa, subito dopo il Brasile, e negli anni le esportazioni sono via via cresciute definendo una situazione che ormai sta diventando allarmante. Infatti, secondo i dati del ministero dell’Ambiente argentino – tra il 1990 e il 2014 – sono stati distrutti 7.226.000 ettari di foreste (una superficie pari a Olanda e Belgio insieme!). È importante ricordare sempre che le foreste catturano circa un terzo dell’anidride carbonica rilasciata ogni anno a causa della combustione di gas, petrolio e carbone. Perciò se vogliamo evitare l’aumento delle temperature oltre il grado e mezzo, dobbiamo esigere che quel che resta delle foreste venga protetto.

Ma non è finita qua perché, tra gli effetti collaterali, bisogna anche tenere conto delle gravi conseguenze che si ripercuotono sulla biodiversità e sulle diverse specie che vivono in quest’area e che adesso rischiano di scomparire per sempre: primo fra tutti il giaguaro. Pare infatti che nella regione argentina del Gran Chaco siano rimasti meno di venti esemplari. Per salvarli, Greenpeace Argentina, rappresentata da un gruppo di avvocati, sta chiedendo alla Corte Suprema del Paese di riconoscere i diritti legali del giaguaro. Se entità inanimate come aziende e società possono vedere riconosciuti i propri diritti, anche le specie viventi presenti in natura dovrebbero avere questa possibilità!

Alle aziende che esportano e importano carne dall’Argentina dunque chiediamo di rendere chiara e trasparente la propria filiera, di opporsi alle deforestazioni e di tenere in considerazione il rispetto dei diritti umani (e animali). Anche l’Unione Europea dovrà fare la sua parte: chiediamo infatti una normativa che sia in grado di garantirci che i prodotti che acquistiamo non abbiano avuto gravi impatti sull’ambiente.

Non mangiarti le foreste!

L’80% della deforestazione del mondo è causata dalla produzione intensiva di materie prime, soprattutto agricole: praticamente, cibo che divora le foreste. Soia, olio di palma, cacao, carne, avocado, sono i responsabili di una distruzione senza precedenti. Stiamo decimando le foreste per far posto all’agricoltura massiva e industriale. Un milione di specie è a rischio di estinzione. Se vogliamo salvare il clima e la biodiversità, dobbiamo salvare le foreste.

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