Il Parlamento austriaco ha votato per il divieto totale dell’uso del glifosato sul territorio nazionale. Si tratta di un voto importante sotto diversi aspetti, ma il più importante è forse il merito di aprire la strada a scelte analoghe in altri Paesi, al punto che il Ministro dell’Ambiente tedesco ha già rilasciato dichiarazioni che vanno in questa direzione.

Un divieto che viene da lontano: anni di studi, pareri, guerre di numeri e scandali che hanno più volte minato la credibilità scientifica di una serie di studi e di un dibattito pro-glifosato “guidati” fra l’altro dai cosiddetti Monsanto-Papers, possibili conflitti di interessi o finte reti di agricoltori.

Anni di grande impegno da parte di tante realtà affinché questa sostanza, dichiarata dallo IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) “probabilmente cancerogena per l’uomo” nel 2015, venisse vietata. Un impegno che ha portato al successo dell’Iniziativa dei Cittadini europei “StopGlyphosate”, nel 2017, con oltre 1 milione di firme raccolte in poco più di 4 mesi – l’ICE più veloce di sempre – per chiedere a Parlamento e Commissione europei non solo di vietare il glifosato, ma anche di riformare i processi autorizzativi dei pesticidi in un’ottica di maggiore trasparenza e rigore scientifico, e di indirizzare l’agricoltura europea verso un progressivo abbandono dei pesticidi. Una richiesta chiara, alla quale è seguita però una risposta opaca: rinnovo della licenza per 5 anni, non 15 come chiedeva la Monsanto (ora acquisita dalla Bayer), ma nessuna ambizione di cambiamento come chiedevano a gran voce i cittadini europei.

Se l’Europa ha preso tempo, l’Austria non ha voluto aspettare, forse anche sull’onda delle notizie da oltreoceano che vedono la Bayer in difficoltà nei processi che sempre più spesso la condannano a risarcire persone che hanno sviluppato gravi malattie dopo la prolungata e intensa esposizione al glifosato. Come dire: anche se il gruppo Bayer-Monsanto continua a mettere in dubbio la pericolosità del glifosato, sempre più istituzioni stanno evidentemente scegliendo di basarsi sui numerosissimi studi scientifici che al contrario la confermano.

E in Italia? Anche qui la richiesta è stata chiara: oltre 70.000 persone hanno aderito all’iniziativa dei cittadini europei in meno di 5 mesi, superando ampiamente la soglia prevista di 54.000 in 12 mesi. In tutta la penisola persone comuni si sono mobilitate, hanno espresso preoccupazione e richieste di cambiamento, e continuano a farlo. Il Parlamento italiano non ha però finora saputo (o voluto) far proprie queste richieste, rimettendosi, di fatto, alle scelte europee e alle “manovre”, più o meno trasparenti, dell’industria della chimica.

Il voto austriaco dovrà adesso essere notificato alla Commissione europea, che in passato ha già ammesso la possibilità di divieti nazionali più stringenti delle normative europee e, se non ci saranno obiezioni, dal 1 gennaio del 2020 il glifosato sarà ufficialmente vietato in Austria.

Chiudiamo con una domanda amletica: l’Italia – patria del “Made in” – nel frattempo riuscirà a prendere a sua volta coraggio e vietarlo anche da noi?

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