L’etichetta del cibo che acquistiamo, sulla quale molto spesso controlliamo principalmente il prezzo, non è quasi mai in grado di svelare la storia di quel prodotto e le sue implicazioni.

Non è “scontato” (appunto) immaginare che dietro ad una passata di pomodoro conveniente ci sia un’intera filiera basata su una corsa al ribasso, lungo la quale si perdono piccoli produttori e si innescano spaventose pratiche di sfruttamento dei braccianti agricoli, spesso stranieri e con grosse difficoltà a far valere i propri diritti.

Il disegno di legge approvato ieri alla Camera che vieta il ricorso alle “aste elettroniche al doppio ribasso” è un passo in avanti molto importante proprio per scardinare questo meccanismo, che inevitabilmente finisce per abbassare non solo i prezzi, ma anche la qualità dei prodotti, insieme alla loro sostenibilità ambientale e sociale.

Il provvedimento, frutto del lungo lavoro coordinato dall’Associazione “Terra!” con le campagne #FilieraSporca e #Astenetevi, si muove nella direzione della tutela di tutti gli anelli della filiera, finora troppo sbilanciata a favore delle grandi catene di supermercati e discount, con pochissimo margine per i produttori, soprattutto se rappresentati da piccole aziende agricole.

Meat in Supermarket in Germany. © Bodo Marks

La strage delle piccole produzioni 

Una situazione che non è affatto nuova per il nostro Paese, che tra il 2004 e il 2016 ha perso oltre 320 mila aziende (un calo del 38 per cento), vedendo però crescere la percentuale di quelle grandi (+23%) e molto grandi (più 21%). Una vera “strage” di piccole produzioni.

Nel provvedimento approvato ieri è contenuto anche un impegno per il governo a sostenere le imprese che promuovono filiere etiche di produzione, “che osservino parametri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica”. Una richiesta che Greenpeace sta facendo da tempo alle istituzioni europee e italiane, per utilizzare l’enorme risorsa rappresentata dai fondi europei della Politica Agricola Comune (PAC) proprio a sostegno delle piccole attività che adottano sistemi sostenibili e producono qualità.

Per farlo, però, occorre spostare questi fondi dalle grandi produzioni intensive, sempre più insostenibili dal punto di vista ambientale, e usarli per sostenere una transizione verso produzioni che puntino più alla qualità che alla quantità, soprattutto nel caso dei prodotti di origine animale.

Factory Farm in Thuringia, Germany. © Greenpeace

Allevamento Intensivo di maiali in Germania

La nuova PAC presto all’ordine del giorno

La prosecuzione della discussione della “nuova” PAC, avviata dalla precedente legislatura europea, sarà presto all’ordine del giorno del nuovo Parlamento europeo e dei Ministeri italiani competenti, a partire da quello dell’Agricoltura.
Se non sarà chiara l’inversione di rotta, il rischio è che i numeri dello sfruttamento dei lavoratori, dell’inquinamento ambientale e della perdita di aziende italiane cambino solo nelle intenzioni e non nella realtà.

Ferma gli Allevamenti Intensivi

Quello che mangiamo oggi determina il mondo di domani: non mettiamo il Pianeta nel piatto!

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