Mi chiamo Riccardo e ho 19 anni. Sono venuto a sapere dell’esistenza di #FridaysForFuture partecipando ad una riunione per l’ambiente.

Sin da quando ero piccolo ho manifestato un grande amore per la natura. Rimanevo incantato quando mio padre mi raccontava qualcosa sugli animali, sulle piante, sul modo di nutrirsi, l’habitat naturale. Passavo pomeriggi interi sulle enciclopedie a guardare pieno di stupore immagini di pesci dalle forme più incredibili. Ciò che mi affascinava era la loro immensa varietà di forme, colori, alimentazioni e comportamenti. Quello che qualche anno dopo avrei imparato a chiamare “biodiversità“. Tutte le estati, per almeno due ore al giorno, la maschera mi permetteva di entrare a far parte di quel mondo così diverso. Mi allontanavo sempre di più per cercare quegli angoli dove non ci fossero persone a disturbare i pesci. Ma mi sono presto reso conto che sul fondo, oltre i colori della biodiversità, si univano anche i colori di rifiuti di plastica varia.

Ricordo ancora quando mio padre mi parlò per la prima volta del cavalluccio marino, e mi disse che fino a 20 anni prima se ne potevano trovare tantissimi, mentre ora sono estremamente rari. Ricordo il mio senso di frustrazione nell’incomprensione di quella scomparsa. Perché io non li potevo più vedere?

Stavo imparando che la biodiversità va protetta e che l’essere umano con gesti poco accorti può distruggerla.

Con il passare degli anni ho appreso il significato delle parole: effetto serra, CO2, polveri sottili, deforestazione, multinazionali, economia del petrolio.

Non ho mai fatto qualcosa di veramente concreto, ma ho sempre provato un senso di frustrazione dovuta alla mia impotenza nei confronti dei meccanismi che regolano tutto il mondo.

Finché all’università sono entrato in contatto con alcune associazioni ambientaliste e grazie a loro ho avuto la possibilità di mettermi in gioco. Ho imparato che ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare qualcosa di grande.

Ho appreso l’importanza della divulgazione, affinché tutti possano comprendere che la nostra terra sta morendo.

Ho partecipato a iniziative nelle scuole, alla pulizia di parchi e numerose conferenze.  Mancava però qualcosa. Dentro di me sentivo di stare facendo solo una parte del lavoro.

Poi ho letto di Greta Thunberg, e del discorso fatto al Cop 24 di Katowice, dei migliaia di ragazzi che sono scesi in piazza a protestare trovando la forza nelle sue parole. Quella stessa forza che anche io sentivo farsi largo dentro me.

Qualche giorno dopo sono venuto a conoscenza che il movimento #FridaysForFuture esisteva anche a Roma. In quel momento le mie prospettive sono cambiate.

Questa è la possibilità per comunicare il mio disaccordo con una politica e un’economia ciniche ed egoiste. Sento la voglia di scendere in piazza, l’appartenenza ad un movimento che chiede diritto ad un futuro.

Adesso mi rivolgo direttamente alle persone che governano il mondo quando chiedo di preservare il pianeta e la biodiversità che vi abita, per far sì che non ne rimanga solo un ricordo. #FridaysForFuture mi dà l’opportunità di cercare di cambiare le cose anche dall’alto. È una voce che unisce persone molto lontane che si elevano al di sopra dell’apatia generale per difendere la madre terra.

Riccardo Nanni, studente Biologia La Sapienza Roma.