Mi chiamo Francesca e ho 18 anni. Sono venuta a conoscenza della mobilitazione #FridaysForFuture a gennaio, casualmente. Ho saputo di Greta Thunberg da un’amica volontaria di una associazione ambientalista e cercando su Internet ho scoperto quello che Greta stava facendo e degli scioperi settimanali del venerdì. Così ho pensato fosse giusto replicare l’azione anche nella mia città.

La cosa che più mi ha colpito è vedere come una ragazza così giovane abbia avuto il coraggio di aprire gli occhi su un problema che neanche gli adulti vogliono affrontare. Penso che sia giusto ricordare alle persone che c’è una minaccia e che non dobbiamo sottovalutarla. Il riscaldamento globale esiste e possiamo constatarne gli effetti anche qui, nel nostro Bel Paese: alluvioni frequenti e improvvise seguite da lunghe siccità, trombe d’aria, desertificazione di aree sempre più ampie di territorio. Tutto questo porta ovviamente delle conseguenze all’interno della nostra società, nell’economia e nei settori industriali. Conseguenze che in origine erano appena percettibili, ma che adesso, a lungo andare, stanno diventando sempre più importanti. E non stiamo parlando di un fenomeno che è impossibile d’arginare.

Le soluzioni esistono, ma c’è chi preferisce non adottarle perché questo richiederebbe troppa fatica oltre che una perdita di denaro.

Trovo vergognoso che se ne parli ancora così poco ed è ingiusto che nessuno si assuma la responsabilità di allarmare noi giovani, dicendoci come stanno realmente i fatti. Eppure, noi siamo quelli più a rischio. Noi abbiamo più posta in gioco da perdere. Si parla tanto di “educare i giovani” e di “istruirli alla cittadinanza attiva”, ma lo si fa davvero? Se, come gli scienziati prevedono, il 2030 è la scadenza entro la quale limitare i danni di un mondo che cambia, non possiamo più vivere nella convinzione che il problema non esista.

Scendere in piazza per me rappresenta un tentativo di voler cambiare le cose, di voler farsi sentire. Dicono che l’Italia non ha voglia di farsi sentire. E che i giovani soprattutto non hanno più voglia di costruire un mondo migliore.  Ma questo non è vero. Qualcosa si sta smuovendo, siamo in tanti e lo saremo sempre di più. E noi lo vogliamo davvero un mondo migliore, lo vogliamo per noi stessi e per le persone che amiamo. C’è tutto in ballo: la nostra vita, la nostra salute, il nostro futuro. Tutto. E non possiamo restare inermi mentre tutto questo e molto altro ancora rischia di danneggiarsi per sempre.

Non voglio svegliarmi un giorno con il rimpianto di non aver fatto nulla per salvare il nostro Pianeta e non voglio avere sulla coscienza l’estinzione dell’umanità.

Il Pianeta è casa nostra, dobbiamo difenderlo. E dobbiamo farlo adesso, perché non c’è più tempo.

Francesca Travaglino 18 anni, studentessa V anno Liceo Ettore Majorana, Roma