L’attuale sistema della pesca è una trappola. In tutti gli oceani gli stock ittici commerciali sono in grave difficoltà a causa della pesca eccessiva e spesso distruttiva: a livello globale il 93% degli stock è completamente o eccessivamente sfruttato[1] e il Mediterraneo – un mare chiuso, delicato e ricco di biodiversità – è uno dei mari più a rischi.

La regolamentazione del settore è del tutto inadeguata e i controlli sono insufficienti e ciò favorisce ed alimenta il proliferare della pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata (INN). La pesca illegale è riconosciuta come un crimine ambientale che ha gravi implicazioni sociali, economiche, lavorative e ambientali.[2] Allo stesso tempo, il mercato globale commercia grandi volumi di prodotti ittici ed è alterato da pratiche di riciclaggio del pesce, mischiando il pesce proveniente dalla pesca pirata con le catture legali[3], fornendo così un incentivo a continuare, o addirittura aumentare, le pratiche di pesca illegali.

Pelagic Freezer-trawler Association Ships. © Jeroen Staats

The Helen Mary, one of 34 pelagic freezer trawlers in the PFA fleet. These ships catch fish living near the surface of the water, such as herring, mackerel, horse mackerel, sardines, sardinellas, silver smelt and blue whiting. The majority of these fisheries are unsustainable due to overfishing.

La pesca moderna è fatta di imbarcazioni enormi, di equipaggiamenti sofisticati, di sonar che scovano anche il più piccolo dei pesci negli abissi degli oceani. Pescherecci con reti che possono raggiungere anche 600 metri di lunghezza, in grado di pescare anche 300 tonnellate di pesce al giorno, attrezzate per la lavorazione e il congelamento a bordo del pescato e capaci di navigare anche per grandi distanze con enormi carichi di pesce. Questi mega pescherecci, che abbiamo definito “Monster Boats” stanno svuotando i nostri mari ed esportando il problema della pesca eccessiva in tutto il mondo. Vanno fermati subito, perché la natura non riesce a tenere il ritmo di questi prelievi, e purtroppo le popolazioni ittiche sono in esaurimento. I grandi pesci predatori – un indicatore chiave della salute dell’ecosistema – stanno svanendo a un ritmo preoccupante e il 90 per cento dei grandi pesci – come i tonni, i pesci spada e i merluzzi – sono stati già pescati.

Un altro grave problema collegato alla pesca distruttiva è rappresentato dalle catture accessorie (bycatch) ovvero catture accidentali di mammiferi e uccelli marini, tartarughe, squali e numerose altre specie. In generale, il bycatch comprende specie non bersaglio e specie ittiche oggetto di pesca, che non possono essere sbarcate perché, ad esempio, sono troppo piccole oppure poco richieste dal mercato. Il bycatch è ampiamente riconosciuto come uno degli impatti ambientali più gravi causato dalle moderne attività di pesca commerciale.[4]

Questo sistema distruttivo di pesca e utilizzo delle risorse globali – basato su sussidi economici per rimanere economicamente redditizio, è la conseguenza di un business altamente industrializzato, orientato ad alimentare i mercati e non le persone. Minaccia il sostentamento di miliardi di persone, in tutto il pianeta, che dipendono dalle risorse ittiche come principale fonte di proteine, così come i 120 milioni di persone che lavorano in attività collegate alla pesca (pesca, trasformazione e commercio), il 90% dei quali operano nel settore della piccola pesca artigianale.

L’acquacoltura viene presentata come un’ovvia soluzione alla carenza di risorse ittiche ma la realtà è molto diversa e questa è una delle tante “finte alternative” in cui si possono imbattere ignari consumatori. Non esiste infatti alcun meccanismo che possa garantire che i prodotti ittici allevati provengano da attività di acquacoltura sostenibili. Al contrario, molte pratiche moderne di acquacoltura si basano su una produzione altamente intensiva e non sostenibile di poche specie, le più diffuse (salmoni, gamberi, orate, spigole ecc.), destinati soprattutto a mercati di esportazione di alto valore.

Eppure la pesca industriale è cominciata solo negli anni Cinquanta. L’estinzione dei predatori potrebbe determinare un riassestamento di tutti gli equilibri dell’ecosistema marino: specie di grande valore commerciale potrebbero essere sostituite da altre di scarso pregio. E così, al posto dei merluzzi, dei pesci spada e dei tonni che abbiamo mangiato, o sprecato, negli ultimi anni, potrebbe esserci un’indiscriminata distesa di … meduse.

Secondo Greenpeace l’unico modo di salvare il mare è quello di stabilire una rete globale santuari marini, eliminare la pesca illegale e ridurre lo sforzo di pesca, passando dall’utilizzo di metodi di pesca distruttivi alla valorizzazione della pesca responsabile, a basso ambientale e che da priorità di accesso alle risorse della pesca e alle filiere commerciali a chi pesca nel modo più sostenibile.

[1] FAO 2018. The State of World Fisheries and Aquaculture

[2] Illegal, Unreported, and Unregulated Fishing: Sanctions in the EU (2014) http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2014/529069/IPOL_STU(2014)529069_EN.pdf

[3] Implication of Illegal, Unreported and Unregulated Fishing https://fas.org/irp/nic/fishing.pdf

[4] http://www.greenpeace.org/seasia/ph/What‐we‐do/oceans/bycatch/

[5] Greenpeace, 2014. Monster Boats: The Scourge of the Oceans. The destructive concentration of power and quotas in the EU fishing industry. https://www.greenpeace.org.au/wp/wp-content/uploads/2017/10/GP_monsterboats_report.pdf

[6] Dirk, Z. et al, 2017. Global Marine Fisheries Discards: a Synthesis of Reconstructed Data. Wiley, Fish and Fisheries, 2018; 19:30–39 https://onlinelibrary.wiley.com/doi/pdf/10.1111/faf.12233

[7] Sala, E. Mayorga, J., 2018. The Economics of Fishing the High Seas. Science Advances, Vol. 4, no. 6, eaat2504. http://advances.sciencemag.org/content/4/6/eaat2504

[8] Greenpeace.2014. Slavery and Labour Abuse in the Fishing Sector. Greenpeace Guidance in the Seafood Sector and Government.

https://www.greenpeace.org/archive‐international/Global/international/briefings/oceans/2014/Slavery‐and‐Labo

[10] LIFE mission http://lifeplaVorm.eu/our‐mission/

[11] https://www.un.org/sustainabledevelopment/oceans/