Dal 2022 monitoriamo l’informazione climatica in Italia, per sapere quanto e come viene raccontata la più grave emergenza ambientale del nostro tempo dai principali media italiani. Anche quest’anno l’Osservatorio di Pavia ha esaminato per noi tutte le notizie sul clima diffuse nel 2024 dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa) e dai telegiornali serali delle reti RAI, Mediaset e La7, prendendo in considerazione anche il numero di spazi destinati dai giornali alle pubblicità di aziende inquinanti e le dichiarazioni dei principali esponenti politici che hanno trovato spazio nel discorso mediatico. Ecco cosa è emerso.
Il clima ha sempre meno spazio nei giornali e in TV in Italia
Dal nostro monitoraggio emerge che nel 2024 le notizie dedicate al clima hanno registrato un calo del 47% sui quotidiani (con una media di appena un articolo ogni due giorni) e del 45% sui telegiornali (in media un solo servizio ogni dieci giorni) rispetto al 2023. Di contro, si è assistito a un aumento delle pubblicità delle aziende inquinanti sui quotidiani (1.284, contro le 1.229 del 2023). Tra le pubblicità dei settori inquinanti ospitate dai quotidiani è prevalso il settore del gas e del petrolio, ma con un balzo significativo del comparto automobilistico.

Nel racconto mediatico sono inoltre prevalse le preoccupazioni per l’impatto economico delle politiche climatiche rispetto alle conseguenze ambientali del riscaldamento globale. Le principali fonti delle notizie sulla crisi climatica e sulla transizione ecologica sono state aziende e rappresentanti del mondo economico (40%) sui quotidiani, politici e rappresentanti delle istituzioni nei TG (43%).
La nostra classifica dei principali quotidiani e dei telegiornali
Sulla base dei risultati dello studio condotto dall’Osservatorio di Pavia, abbiamo stilato anche la classifica dei principali quotidiani italiani per l’anno 2024: fa meglio degli altri Avvenire, che tuttavia non totalizza la sufficienza (5,4 punti su 10); seguono Corriere della Sera (3,2 punti) e Il Sole 24 Ore (3 punti); fanalino di coda, a pari merito, la Repubblica e La Stampa (2,6 punti). I giornali sono stati valutati mediante cinque parametri:
- quanto parlano della crisi climatica;
- se citano i combustibili fossili tra le cause;
- quanta voce hanno le aziende inquinanti e quanto spazio è concesso alle loro pubblicità;
- se le redazioni sono trasparenti rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti.
Tra i telegiornali, invece, il TG5 è la testata con il maggior numero di notizie pertinenti la crisi climatica e anche quella che trasmette più notizie specificamente dedicate al tema, il TG La7 quello che nel complesso ne trasmette meno.
Quasi nessuno nomina le cause e i responsabili della crisi in corso
Le responsabilità del riscaldamento globale sono generalmente trascurate dall’informazione italiana: basti pensare che, considerando tutte le edizioni serali dei TG, le compagnie dei combustibili fossili sono state indicate come responsabili della crisi climatica una sola volta in un anno. Quando si è parlato di politiche di transizione, è emersa inoltre una tendenza diffusa: ben il 64% delle dichiarazioni dei leader politici non ha mai nominato direttamente la crisi climatica.
Ancora, il 17% degli articoli dei quotidiani e il 19% delle notizie dei TG conteneva narrative di resistenza alla transizione ecologica ed energetica e/o a specifiche azioni per il clima, in crescita rispetto al 2023.

Sul piano politico, a guidare il dibattito mediatico sulla crisi climatica sono stati soprattutto i membri dell’esecutivo, con narrative ricorrenti dall’approccio spesso critico nei confronti delle politiche europee: molti interventi insistevano sull’eccessivo costo economico della transizione, sulla necessità di rivedere i tempi imposti dal Green Deal, sul sostegno al nucleare “pulito e sicuro” e sull’opposizione alla direttiva Case Green per l’efficientamento e il risparmio energetico nelle abitazioni. Il risultato è un discorso pubblico polarizzato, dove il pragmatismo richiesto da molti rischia di tramutarsi in resistenza sistematica all’azione climatica.
Abbiamo bisogno di un’informazione libera
La presenza massiccia delle pubblicità di aziende inquinanti espone la stampa italiana al rischio di autocensura preventiva quando si tratta di tirare in ballo i responsabili del riscaldamento globale e di raccontare le soluzioni più efficaci per contrastarlo.
Inoltre il nesso fondamentale fra transizione energetica e lotta alla crisi climatica risulta estremamente indebolito, con il rischio che vengano oscurate la necessità e l’urgenza delle politiche per il clima, in un contesto in cui queste ultime sono costantemente messe in discussione dal governo Meloni.
Un’informazione libera è possibile anche in Italia e lo dimostrano i media che hanno già deciso di liberarsi dai condizionamenti delle aziende fossili aderendo alla nostra coalizione “Stampa libera per il clima”. Per questo rivolgiamo un appello al resto del giornalismo italiano, affinché si affranchi dal ricatto economico esercitato dalle aziende del gas e del petrolio attraverso le loro “generose” pubblicità infarcite di greenwashing.
Abbiamo bisogno di un’informazione libera e completa sul clima per comprendere le cause e promuovere le soluzioni della crisi climatica che stiamo vivendo.