I PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) sono un gruppo di sostanze chimiche utilizzate dall’industria, alcune delle quali cancerogene per l’uomo e altamente inquinanti. La loro presenza in Italia è un fenomeno diffuso, che riguarda i corsi d’acqua di tutte le Regioni italiane in cui queste sostanze sono state finora cercate, nessuna esclusa.

Lo rivela la nostra ultima inchiesta basata sul database ISPRA che ospita i gli esiti delle analisi fatte dalle ARPA regionali e delle province autonome in Italia tra il 2019 e il 2022 in merito alla presenza di PFAS nei corpi idrici (fiumi, laghi e acque sotterranee). L’inchiesta è stata presentata martedì 28 maggio con una conferenza stampa alla Camera dei Deputati.

Quasi 18 mila analisi positive ai PFAS in 16 regioni

Secondo i dati ISPRA, la contaminazione da PFAS è presente nel 17% dei risultati ottenuti dai controlli effettuati dagli enti preposti tra il 2019 e il 2022, per un inquinamento che interessa tutte le Regioni in cui sono stati fatti i monitoraggi. Si tratta di quasi 18 mila analisi positive ai PFAS, un risultato che mostra chiaramente un inquinamento ambientale diffuso nel nostro Paese di queste pericolose sostanze chimiche.

La percentuale di valori positivi ai PFAS varia da Regione a Regione, anche a seconda dell’accuratezza delle misurazioni effettuate dai diversi enti pubblici. Più una Regione fa controlli e utilizza strumenti precisi e all’avanguardia, più è probabile che venga rilevata una positività da PFAS durante i monitoraggi. 

Basilicata (31%), Veneto (30%) e Liguria (30%) sono le Regioni con la più alta percentuale di analisi positive rispetto ai controlli effettuati tra il 2019 e il 2022. Anche altre sei Regioni (Lombardia, Toscana, Lazio, Umbria, Abruzzo, Campania) presentano un tasso di positività superiore al 10% nel periodo preso in considerazione. 

In alcune aree i controlli ambientali sono ancora pochi, frammentari o assenti

Nonostante questa diffusa contaminazione, c’è una forte disomogeneità nei controlli degli enti preposti: quasi il 70% delle analisi nazionali è stato infatti eseguito in sole quattro Regioni del nord Italia (Veneto e Piemonte, interessate da casi storici e ben documentati, a cui si aggiungono Lombardia e Friuli-Venezia Giulia), mentre il restante 30% è distribuito nelle altre 12 Regioni interessate dalle verifiche, creando una sproporzione in termini numerici e di accuratezza. In quattro Regioni del sud Italia (Puglia, Sardegna, Molise e Calabria), dal 2017 al 2022 non risulta invece alcun controllo sulla presenza di PFAS nei corpi idrici. 

Le Regioni con i valori più critici

È il Veneto la Regione dove troviamo le più alte concentrazioni di PFOA (molecola «cancerogena per gli esseri umani) e PFOS. Un risultato che non sorprende visto che questa Regione è da anni teatro di una delle più gravi contaminazioni da PFAS in tutta Europa, a causa di un inquinamento ambientale che coinvolge anche le acque potabili di diversi comuni nelle province di Vicenza, Verona e Padova.

Anche in Piemonte sono state trovate concentrazioni particolarmente elevate di PFOA e PFOS nei corpi idrici interessati dagli scarichi dell’azienda chimica Solvay (oggi Syensqo), unica azienda produttrice attiva di PFAS in Italia.

Oltre al Veneto e al Piemonte, le più alte concentrazioni di PFOA sono state rilevate in Lombardia, seguita da Emilia-Romagna e Lazio.

Serve una legge nazionale contro i PFAS

La situazione rappresentata dai dati ISPRA è grave, ma la realtà potrebbe essere anche peggiore perché si tratta di dati parziali. Per tutelare l’ambiente e la salute delle persone, gli Stati Uniti e diversi Paesi europei hanno già adottato dei limiti all’uso dei PFAS, sostituendoli con alternative più sicure già disponibili. Al nostro governo chiediamo di fare lo stesso con una legge nazionale che limiti l’uso e la produzione di queste pericolose sostanze.

Aiutaci a mettere al bando i PFAS!