Nonostante il peggioramento della crisi climatica e la gravissima escalation dei conflitti, la Camera si appresta ad approvare tutte le operazioni militari a protezione delle rotte del gas e del petrolio. Secondo i nostri calcoli, nel 2024 la spesa italiana per le missioni militari a tutela delle fonti fossili cresce leggermente in termini assoluti rispetto al 2023: da 833 milioni di euro a 840 milioni (tabella). Un dato in costante crescita dal 2019, con un trend inverso rispetto agli obiettivi della neutralità climatica. Pur restando nettamente sopra la metà, la percentuale di spesa per le missioni “fossili” rispetto al budget totale delle missioni militari 2024 è in lieve calo rispetto all’anno precedente (dal 64 al 60%), poiché quest’anno la spesa complessiva per le operazioni militari all’estero è cresciuta in maniera significativa (da circa 1,3 miliardi di euro a oltre 1,4 miliardi).

L’ossessione del governo per le fonti fossili

Se quest’anno la discussione parlamentare sulla partecipazione italiana alle missioni internazionali è iniziata con largo anticipo rispetto agli anni precedenti, non è però cambiata l’ossessione del governo per le fonti fossili. Anzi, nella relazione analitica deliberata dal Consiglio dei ministri il 26 febbraio 2024, la questione ha conquistato un posto di primo piano: «Una menzione particolare merita il tema della sicurezza energetica, che è diventata prioritario aspetto da attenzionare in ragione del ri-orientamento dei nostri approvvigionamenti – in conseguenza della crisi russo-Ucraina – e degli attacchi alle relative infrastrutture (Nord Stream 2), nonché delle minacce alla sicurezza della navigazione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden».

In una sola frase, insomma, il governo conferma quello che Greenpeace sostiene da tempo sull’accelerazione inferta dalla guerra in Ucraina alla militarizzazione delle fonti fossili e, in particolare, sul collegamento tra la nuova missione nel Mar Rosso e la sicurezza energetica. A dimostrare il legame tra la risposta italiana agli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso e i nostri approvvigionamenti energetici, del resto, sono i numeri: secondo FederPetroli, dalla rotta del Canale di Suez transita il 27% dell’import italiano di greggio e il 34% del nostro Gnl. Invece di puntare sulla pace e sulla de-escalation, Stati Uniti e Unione europea hanno scelto di militarizzare ulteriormente un’area instabile per proteggere una rotta cruciale per le fonti fossili, principali responsabili del disastro climatico. Lo stesso Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, nella conferenza stampa sulla missione Aspides dell’8 aprile ha sottolineato che «lo stretto di Bab-el-Mandeb è attraversato dal 30% dei container globali e dal 21% del transito globale di energia. È un’arteria vitale. È una vena vitale per noi».

Anche le altre due missioni europee collegate alla nuova operazione Aspides, cioè EMASoH nello Stretto di Hormuz e Atalanta nel Golfo di Aden, svolgono da anni un ruolo di protezione dell’import del petrolio e del gas. La stessa relazione governativa, dopo aver messo in relazione la sicurezza energetica con le «minacce alla sicurezza della navigazione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden», non manca infatti di sottolineare come «la libertà e la sicurezza della navigazione nello Stretto di Hormuz» siano «strategici per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici nazionali». Il costo a carico dell’Italia per queste tre operazioni militari esplicitamente a tutela delle fonti fossili è di 42 milioni di euro. Tanto per dare un termine di paragone, per la missione Levante di aiuto umanitario alla popolazione di Gaza, l’Italia ha stanziato solo 3 milioni di euro.

La mappa delle missioni a tutela di petrolio e gas

Le principali aree delle missioni militari “fossili” restano quelle degli anni scorsi, ovvero: Oceano Indiano Nord Occidentale, Medio Oriente, Mediterraneo centrale e orientale, Golfo di Guinea e Mozambico. In pratica il cosiddetto Mediterraneo allargato, cioè l’area di prioritaria attenzione per l’Italia, nella quale, come ha sottolineato il Capo di Stato Maggiore della Difesa, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, nell’audizione parlamentare del 26 marzo 2024, «vediamo prendere forza una fascia di instabilità che minaccia l’Europa, in grado di condizionare flussi commerciali, movimenti migratori, approvvigionamenti energetici». Simile il monito del ministro della Difesa Guido Crosetto che, di fronte alle commissioni Difesa ed Esteri di Camera e Senato, il 19 marzo aveva ricordato che «gli effetti di questa instabilità, oltre che sul piano militare, si manifestano anche nell’accesso a materie prime, alle fonti di energia, alle terre rare».

I casi più eclatanti di missioni “fossili” rimangono l’operazione Gabinia nel Golfo di Guinea che continua ad avere come primo compito la protezione degli «asset estrattivi di ENI, operando in acque internazionali», oltre a proteggere le petroliere e le altre imbarcazioni dagli attacchi dei pirati , e Mediterraneo Sicuro, che vede confermata l’attività di «sorveglianza e protezione delle piattaforme dell’ENI ubicate nelle acque internazionali prospicienti la costa libica». Nel 2023, segnala la relazione governativa, questa missione ha contribuito anche «alla sicurezza energetica e delle comunicazioni attraverso la protezione di infrastrutture critiche (piattaforme off-shore, oleodotti, gasdotti, condotte dorsali subacquee) di interesse strategico nazionale, anche nella loro dimensione subacquea».

Il documento governativo, infatti, precisa che «il controllo e il monitoraggio delle infrastrutture energetiche da soli appaiono insufficienti a garantire tale sicurezza (energetica, ndr)». In questa fase, sostiene l’esecutivo, «acquisisce fondamentale rilievo la sicurezza delle vie di transito, da declinarsi in termini di sicurezza marittima ovvero delle infrastrutture sottomarine». Proprio per potenziare la sicurezza del dominio subacqueo e delle relative infrastrutture critiche (soprattutto asset energetici e cavi per le comunicazioni internet), nel dicembre 2023 è stato inaugurato il Polo Nazionale della Subacquea con sede a La Spezia: una sorta di incubatore di tecnologie, sotto l’egida della Marina Militare, per promuovere la sinergia tra istituzioni, centri di ricerca e industrie, da Leonardo ad Eni, passando per Fincantieri e Saipem.

Insomma, sopra e sotto il livello dell’acqua, la priorità dei governi italiani sembra essere sempre la stessa: fonti fossili, fonti fossili, fonti fossili. A costo di aggravare il disastro climatico e di militarizzare ulteriormente le aree di crisi.

Tabella – Missioni militari fossili, costi per l’Italia:

MISSIONE MILITAREAREA OPERATIVASPESA 2023SPESA 2024
Operazione Mediterraneo SicuroMediterraneo centrale e orientale104,648,293.00 €132,271,792.00 €
EUNAVFOR MED IriniMediterraneo centrale, Libia31,847,655.00 €36,626,527.00 €
MiasitLibia26,009,964.00 €25,022,815.00 €
Coalizione globale anti-DaeshIraq, Golfo Persico241,297,305.00 €242,118,664.00 €
Missione NATO IraqIraq31,062,603.00 €17,343,608.00 €
Operazione Sea GuardianMediterraneo centrale e orientale11,299,463.00 €9,814,015.00 €
Operazione GabiniaGolfo di Guinea13,877,363.00 €11,892,998.00 €
EUNAVFOR Operation AtalantaMar Rosso, Golfo di Aden, Oceano Indiano26,812,670.00 €(inclusa in Aspides)
EMASoHGolfo Persico, Stretto di Hormuz19,702,823.00 €(inclusa in Aspides)
Missioni Aspides/ Atalanta/ EMASoHMar Rosso, Golfo Persico, Golfo di Aden42,650,121.00 €
EUTM SomaliaSomalia16,015,694.00 €19,632,598.00 €
UNIFILLibano, Mediterraneo orientale149,661,444.00 €160,571,082.00 €
MIBILLibano, Mediterraneo orientale11,824,401.00 €8,038,547.00 €
Sorveglianza navale area sud Alleanza NATOMediterraneo64,394,597.00 €49,372,996.00 €
EUTM MozambiqueMozambico1,995,520.00 €1,497,750.00 €
Base militare italiana a GibutiSupporto alle missioni nel Corno d’Africa12,700,037.00 €11,681,268.00 €
Personale militare in UAE, Kuwait, Bahrain, QatarSupporto alle missioni in Medio Oriente18,282,237.00 €23,653,773.00 €
Spesa missioni “fossili” (senza costi di supporto)781,432,069.00 €792,188,554.00 €
Spese missioni Difesa (senza costi di supporto)1,220,338,976.00 €1,324,500,781.00 €
Percentuale missioni “fossili”64%60%
Quota costi di supporto51,840,000.00 €48,600,000.00 €
Totale spesa missioni militari “fossili”833,272,069.00 €840,788,554.00 €
Fonte: Elaborazione di Greenpeace su dati della Relazione missioni internazionali 2024 e della Deliberazione ulteriori missioni internazionali 2024