Respinta al mittente la mediazione proposta da Eni: continueremo a mettere in evidenza i suoi crimini climatici

Il 28 novembre abbiamo respinto la richiesta di mediazione avanzata da ENI a Greenpeace Italia e Recommon sulla nostra campagna di comunicazione con cui stiamo denunciando i crimini climatici dell’azienda. La richiesta di mediazione per una possibile causa per diffamazione che il gigante del petrolio e del gas italiano potrebbe intentare contro di noi, ci era giunta lo scorso fine luglio, negli stessi giorni in cui alcune regioni del nostro Paese subivano i pesanti effetti di eventi climatici estremi provocati dalla crisi climatica.

Abbiamo respinto la mediazione, e non ci faremo intimidire. Continueremo a portare avanti “La giusta causa” come fatto finora, continuando a mettere in evidenza i crimini climatici della più importante multinazionale fossile italiana. «L’ENI domina l’informazione in Italia ed è singolare che faccia la vittima, attaccandoci strumentalmente, con accuse di presunta diffamazione per come avremmo comunicato la nostra campagna sulla causa climatica. Questa, per altro, già offre ad ENI l’opportunità di difendersi e contestare nel merito le nostre accuse riguardo l’inadeguatezza della strategia climatica della società senza sviare l’attenzione su altri procedimenti», spiega Antonio Tricarico di ReCommon.

Quella di provare a intimidire chi si oppone ai piani distruttivi per il clima è una prassi sempre più diffusa tra le compagnie fossili. Di recente, ad esempio, Shell ha minacciato Greenpeace UK e Greenpeace International con una causa multimilionaria. Mentre TotalEnergies ha deciso di denunciare Greenpeace France a seguito del lancio di un report.

«Riteniamo gravissimo che ENI, anziché abbandonare il petrolio e il gas che alimentano la crisi climatica, minacci una causa per diffamazione per provare  a zittire chi chiede un reale cambiamento, per il bene delle persone e del Pianeta. Non resteremo in silenzio, ma continueremo a denunciare con ancora più impegno e forza le chiare responsabilità di ENI», commenta Simona Abbate  di Greenpeace Italia. 

Lo scorso 9 maggio, insieme a Recommon e 12 cittadine e cittadini, abbiamo lanciato una causa civile contro ENI per obbligarla a fermare i suoi piani di distruzione del clima.

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