Con CNR-IRSA abbiamo analizzato gli effetti della cottura di pasta, riso, carote, patate e manzo in acqua contaminata da PFAS, sostanze chimiche pericolose rilevate nelle acque di diversi comuni veneti, lombardi e piemontesi. Ecco cosa abbiamo scoperto.

Cosa succede agli alimenti cotti in acqua contaminata da PFAS? È vero che l’ebollizione elimina la presenza di queste sostanze inquinanti? Per scoprirlo abbiamo condotto delle indagini di laboratorio insieme a CNR-IRSA, di cui oggi diffondiamo i risultati. Negli esperimenti abbiamo lessato porzioni di pasta, riso, carote, patate e manzo in acqua con livelli di contaminazione da PFAS molto elevati. L’acqua è stata prelevata dal pozzo di una famiglia di Lonigo (Vicenza) che, per decenni e fino alla primavera 2023, ha usato quest’acqua come unica fonte. 

La storia di Elisabetta e della sua famiglia, in provincia di Lonigo (Vicenza)

La presenza di PFAS aumenta con la cottura

I risultati delle analisi ci dicono che gli alimenti cotti in acqua contaminata da PFAS (composti per- e poli-fluoroalchilici), possono diventare a loro volta una fonte di questi pericolosi inquinanti. Abbiamo scoperto che la presenza di PFAS negli alimenti cotti in acqua contaminata può essere decine di volte superiore rispetto agli alimenti crudi. L’indagine sfata quindi un luogo comune secondo cui l’ebollizione ridurrebbe la presenza di inquinanti nell’acqua.

Per via dell’evaporazione, infatti, la concentrazione di PFAS nell’acqua di cottura aumenta al crescere del tempo di ebollizione. Le indagini rivelano anche che la presenza di PFAS nei cibi cotti varia in base al tipo di alimento: la pasta e il riso, che assorbono più acqua durante la cottura, mostrano i livelli più elevati di inquinanti, seguiti nell’ordine da patata, carota e manzo. 

Analisi di laboratorio CNR-IRSA/Greenpeace Italia, 2023

«I dati diffusi oggi, sebbene necessitino di ulteriori conferme, indicano chiaramente come la cottura di alimenti in acqua contaminata possa diventare una fonte rilevante di PFAS nella dieta umana» spiega Sara Valsecchi, ricercatrice del CNR- IRSA, «Basta una sola porzione di alimenti cotti in acqua contaminata per apportare una quantità di PFAS decine di volte superiore a quella dei corrispondenti alimenti crudi, contribuendo notevolmente, nel caso oggetto di studio, a superare le soglie di assunzione ritenute sicure per la salute umana»

Un problema sottostimato

Questa ricerca evidenzia che l’esposizione ai PFAS è stata finora sottostimata e che molte persone, non solo in Veneto ma anche in altre regioni italiane come Piemonte e Lombardia dove è stata scoperta la presenza di questi pericolosi inquinanti nell’acqua, possono essere esposte a contaminazione anche attraverso la cottura dei cibi. 

Per tutelare efficacemente la collettività, oltre a erogare alla popolazione acqua pulita e priva di PFAS, chiediamo provvedimenti non più rinviabili come il divieto dell’uso e la produzione di queste pericolose sostanze sull’intero territorio nazionale.

Puoi leggere i risultati completi delle nostre analisi in laboratorio QUI.

Puoi leggere cosa sono i PFAS e dove si trovano QUI.