Sono sempre di più le realtà che – vista la “popolarità” del tema – si dichiarano dalla parte delle api. Ma il proliferare di alveari non può essere l’unica soluzione al declino sistemico delle api e degli altri insetti impollinatori. Ecco perché dobbiamo affrontarne le cause, a partire dall’uso di prodotti fitosanitari, glifosato compreso. È quello che stiamo chiedendo con la nostra campagna per lo stop al rinnovo di questo pericoloso erbicida. Aiutaci anche tu!

Bees in or on a beehive in North Germany. Bienen an oder in einem Bienenstock in Norddeutschland.

Abbiamo imparato negli ultimi anni a preoccuparci per la salute delle api, a cui è legata anche la nostra: il 30% del cibo che mettiamo sulle nostre tavole dipende direttamente dalla loro opera di impollinazione, e fino al 75% delle nostre colture subirebbe una riduzione a livello quantitativo o qualitativo senza impollinatori.

Una salute messa in pericolo da un mix di fattori: pesticidi, perdita di habitat naturali, monocolture, parassiti, malattie e, sempre più spesso, i cambiamenti climatici. 

Se è possibile, almeno in parte, monitorare gli impatti di questi fattori sulle api “domestiche” (o “mellifere”, perchè allevate per la produzione di miele) è ancora più complesso e allarmante il declino delle popolazioni di api selvatiche e insetti impollinatori, più lontane dagli occhi attenti degli apicoltori e, forse, anche dal cuore delle molte aziende e istituzioni che negli anni si sono avvicinate al tema.

Sono infatti sempre di più le realtà che – vista la “popolarità” del tema – si dichiarano dalla parte delle api, ad esempio ospitando arnie nei loro spazi aperti: dalla multinazionale McDonald’s all’attuale Ministero dell’Agricoltura, entrambi esempi o sostenitori, se pure in modo ovviamente diverso, di un modello di produzione agricola intensiva che rappresenta una delle migliori sintesi delle minacce che incombono sugli insetti impollinatori (e non solo). 

Se da un lato è fondamentale la cura e il monitoraggio delle api mellifere, anche come “spia” di quanto accade alle popolazioni selvatiche, è evidente come non possa essere solo un proliferare di alveari la soluzione ad un problema sistemico, rischiando in alcuni casi di trasformarsi in mero greenwashing se non accompagnato da impegni concreti. 

Perchè sui pesticidi non bisogna abbassare la guardia, a partire dal glifosato.

Ad esempio è noto che una delle cause dirette del declino delle popolazioni di insetti impollinatori sia l’uso di pesticidi, “difesi” proprio dal Ministro Lollobrigida, perché, a suo dire, “non possono essere messi per forza in connessione“ con il “declino di questi insetti”. Se il Ministro, come afferma, crede “che la salvaguardia degli impollinatori sia un obiettivo strategico”, può – e dovrebbe! – mettere in campo strumenti ben più strategici di un’arnia sul tetto del Ministero (dalla quale peraltro le api sono “sciamate” creando problemi ai dipendenti di Viale XX Settembre): fare in modo che l’Italia sia in prima linea nell’attuazione delle politiche del Green deal, adottando misure per la drastica riduzione di fitofarmaci; incoraggiare, piuttosto che contrastare, il ripristino della aree naturali, anche e soprattutto nelle aree agricole, tra le “peggiori” in termini di indici di biodiversità. In sintesi, utilizzare gli strumenti politici e gli ingenti fondi pubblici a disposizione per accelerare su una sempre più necessaria e urgente transizione ecologica del nostro sistema agroalimentare, piuttosto che difendere un indifendibile status quo.

Cosa chiediamo al Governo e all’Unione Europea 

In queste settimane il Governo in carica avrà un’occasione d’oro per farlo: votare contro il rinnovo della licenza di vendita e di utilizzo del glifosato in Europa, causa di ormai comprovati effetti collaterali anche per le api e altri insetti impollinatori, i cui residui vengono assorbiti dalle piante e veicolati nel nettare, compromettendo importanti funzioni vitali degli impollinatori come l’orientamento. Ma gli effetti del glifosato riguardano anche noi, dato che è una sostanza molto diffusa nell’ambiente, classificata dall’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) come “probabilmente cancerogena” per gli esseri umani.

Il 13 ottobre scorso il Governo Italiano ha paradossalmente votato a favore del rinnovo, ma la maggioranza non è stata raggiunta e la partita è ancora aperta: il 16 novembre gli Stati Membri dovranno esprimersi nuovamente sul mettere definitivamente al bando questo erbicida.

Un voto contrario dell’Italia, come già avvenuto nel 2017, sarebbe un impegno concreto nella difesa delle api e della nostra salute da parte della politica. Come cittadini possiamo e dobbiamo fare pressione affinché ciò avvenga.