Per anni l’ha raccontata attraverso il suo lavoro a Greenpeace, quest’estate, per la prima volta, ha potuto viverla in un’esperienza di ecoturismo a contatto con le comunità locali: Gabriele Salari ci conduce alla scoperta di uno spicchio di Amazzonia ancora al riparo dalla devastazione delle attività umane, ma non immune agli effetti dei cambiamenti climatici.

di Gabriele Salari

In oltre vent’anni di lavoro come ufficio stampa di Greenpeace, quanti comunicati avrò scritto sul tasso di deforestazione dell’Amazzonia? Quanti viaggi di colleghi giornalisti avrò contribuito a organizzare, perché documentassero quello che sta avvenendo in quest’immensa foresta che da sola fornisce il 20% dell’ossigeno che respiriamo? Bisognava che cambiassi lavoro per poterla scoprire in un’esperienza di ecoturismo, su invito del fotografo Roberto Isotti.
E ora, voglio condividere qualche flash di quanto ho vissuto in un angolo pressoché incontaminato della più grande foresta pluviale del Pianeta.

Una sopravvivenza difficile, territori che si spopolano

Atterrati a Manaus, abbiamo percorso 200 chilometri in automobile constatando in quell’area la totale scomparsa della foresta primaria, per poi imbarcarci al porto di Novo Airão – su un battello  chiamato Certeza – e percorrere circa 500 chilometri attraverso il Rio Negro, affluente del Rio delle Amazzoni. Infine, abbiamo navigato il fiume Jauaperi, per giungere nella comunità tradizionale dello Xixuaú, nella Riserva Nazionale Jauaperi: qui abitano i cosiddetti riberinhos (rivieraschi), popoli tradizionali che hanno scelto di vivere sul fiume, principalmente dediti alla pesca e tra i più numerosi abitanti del bacino del Rio delle Amazzoni. Come i Popoli Indigeni, però, molti gruppi di famiglie stanno scomparendo a causa delle difficili condizioni di vita nella foresta. Ad allontanarsi sono soprattutto i giovani, per inseguire il miraggio di una vita migliore in città come Manaus.

L’ecoturismo, antidoto all’abbandono

Grazie all’ecoturismo, alcuni di loro hanno trovato il modo di continuare a vivere qui: si sono trasformati in guide e ci accompagnano a piedi o in piroga alla scoperta della foresta primaria, ancora intatta e in gran parte inesplorata, che circonda il villaggio. Ma nel loro cuore restano pescatori e, soprattutto nelle escursioni serali in piroga, difficilmente resistono alla tentazione di afferrare la fiocina e pescare un piranha o un tumbarè per grigliarlo il giorno dopo. Il commercio dei frutti spontanei raccolti nella foresta (noci brasiliane e la bacca dell’acai simile al mirtillo) è l’altra attività sostenibile portata avanti da queste comunità.

Siamo proprio nel cuore della foresta amazzonica, alla vigilia della stagione secca, ed esplorare la foresta allagata (igapó) è davvero magico. Si vedono tucani e scimmie, ma mai troppo da vicino perché qui gli animali non sono così abituati alla presenza umana e fuggono. Eccezion fatta per la lontra gigante e il delfino di fiume che incontriamo sul fiume Jauaperi e che non si sottraggono ai nostri scatti. Il caimano si fa vedere al tramonto, quando inizia la sua caccia.

Un angolo incontaminato, non immune ai cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici si fanno sentire anche da queste parti dove iniziano a esserci quelle mezze stagioni che da noi “non ci sono più”, perché la linea di demarcazione tra stagione secca e stagione delle piogge che c’era prima non è più così netta. Questo ha ripercussioni sull’ecosistema e sulle attività tradizionali dei nativi. E genera tanto disorientamento. Nella stagione delle piogge – da aprile a giugno –  il livello dell’acqua può salire infatti di 10 metri allagando ampi tratti di foresta, tanto  che lo scorso anno, anche se i villaggi si sviluppano su palafitte, si è verificata una vera e propria inondazione. 

Anche per questo l’impianto fotovoltaico che qui si sta costruendo, e che permetterà a Xixaù di essere autonomo e di abbandonare l’inquinante generatore a gasolio, sorgerà  su palafitte ancora più alte di quelle del villaggio. Grazie al programma del governo federale “Mais Luz para a Amazzonia”, che segue le direttive del più famoso “Luz para Todos” [1] lanciato dal presidente brasiliano Lula nel suo primo mandato, è stato realizzato un intervento davvero prezioso, anche perché la fornitura costante di energia (adesso l’elettricità non è disponibile 24 ore su 24) consente di migliorare la salute degli abitanti e di conservare meglio sia gli alimenti che le medicine.

Mai alterata da attività umane, l’area ospita numerose specie in pericolo di estinzione, tra cui il bradipo, il lamantino, il giaguaro, il tapiro e l’anaconda che non abbiamo potuto vedere essendo rimasti solo pochi giorni, poi l’aquila arpia, la scimmia ragno, armadilli, are e tucani che ci hanno fatto compagnia. Per non parlare delle scimmie urlatrici che sono una sveglia puntuale ed efficace. Alle 5:45 ogni giorno.

La cooperativa locale CoopXixuaú, che gestisce l’attività turistica, è composta esclusivamente da nativi e creata con l’obiettivo di garantire una vita sostenibile ai propri membri tramite la conservazione della foresta. Il villaggio ha una scuola elementare con una classe unica, che abbiamo potuto visitare, mentre per proseguire gli studi purtroppo non resta che trasferirsi a Manaus. Finché resteranno Francisco, Joao, Aloisio e le altre splendide persone che abbiamo conosciuto sono sicuro di poter dire che almeno questo spicchio di Amazzonia è in buone mani, al riparo dall’avanzare della deforestazione, delle coltivazioni per la mangimistica e delle attività estrattive.

[1] “Luz para Todos” (Luce per tutti) è un programma ideato per fornire un servizio essenziale alla popolazione amazzonica: necessita di maggiori investimenti, specialmente sul fronte delle energie rinnovabili come il solare, da destinare alle comunità più isolate e anche a quelle indigene, sempre nel rispetto di una previa consultazione informata e libera di queste popolazioni.