In queste settimane gli Stati dell’Unione Europea, Italia compresa, dovranno decidere se il glifosato potrà essere ancora usato in Europa o vietato una volta per tutte. L’autorizzazione per l’impiego di questo erbicida, associato a rischi conclamati per la biodiversità e considerato «probabilmente cancerogeno per gli esseri umani», scadrà a dicembre 2023. Il prossimo voto sarà dunque l’occasione per ottenere finalmente il divieto del glifosato in tutta l’UE.

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Cos’è il glifosato e a cosa serve 

Il glifosato è l’erbicida più usato a livello mondiale per eliminare le piante indesiderate in agricoltura e nella gestione del verde pubblico: dai seminativi ai frutteti, dagli orti ai parchi pubblici, fino al diserbo di strade e ferrovie. Brevettato negli anni Settanta da Monsanto e oggi commercializzato da aziende come Bayer, è usato in agricoltura da oltre 50 anni. Il suo impiego è però aumentato notevolmente con la diffusione delle colture OGM (come per esempio la soia Roundup Ready di Monsanto-Bayer), che sono state modificate geneticamente per resistere a questo erbicida. 

I danni per la biodiversità e gli ecosistemi

Il glifosato agisce ad ampio spettro, aggredendo tutte le parti verdi delle piante con cui entra in contatto. Insieme ai suoi prodotti di degradazione, si accumula inoltre nel terreno, danneggiando gli organismi che vivono nel suolo e compromettendo l’assorbimento di micronutrienti utili a difendere le piante dalle malattie. Ma non solo: in Italia questo erbicida è una delle principali cause di contaminazione delle acque e interferisce con l’equilibrio ecologico di fiumi e laghi.[1] 

Gli effetti del glifosato sulle api e sulla fauna selvatica 

Il glifosato non danneggia solo le erbe infestanti, ma tutto l’ambiente circostante, compresa la fauna selvatica: uccelli, anfibi, insetti e lombrichi. Diversi studi avvertono che, alle concentrazioni che spesso si trovano nell’ambiente, questo erbicida può interagire con il microbiota intestinale delle api, rendendole più vulnerabili alle malattie, nonché influire sul loro sistema nervoso e sulla riproduzione [2]. 

Quanto è pericoloso il glifosato per le persone 

Nel 2015 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell’Organizzazione mondiale della sanità ha classificato il glifosato come «probabilmente cancerogeno per gli esseri umani» [3]. Studi più recenti hanno evidenziato che il glifosato potrebbe danneggiare il sistema nervoso ed essere correlato a malattie neurologiche come il morbo di Parkinson, oltre a influire negativamente sul sistema ormonale [4]. L’esposizione delle persone al glifosato avviene sia attraverso la sua presenza nell’ambiente, sia attraverso i residui negli alimenti, con rischi più elevati per le lavoratrici e i lavoratori agricoli che maneggiamo direttamente l’erbicida.

Le alternative al glifosato esistono

Coltivare senza fare uso di erbicidi di sintesi è già possibile e l’agricoltura biologica ne è un esempio. È possibile limitare l’uso di pesticidi ai casi di stretta necessità, anche con una gestione integrata delle piante infestanti (Integrated Weed Management, IWM), cioè integrando le pratiche agricole fisiche, meccaniche, biologiche ed ecologiche con la vasta conoscenza ormai a disposizione sulle piante coltivate e sulle infestanti. Un’agricoltura senza pesticidi evita di aumentare la resistenza nelle specie infestanti, riduce l’erosione del suolo e protegge la biodiversità.

La posizione del governo italiano

Il nostro governo non ha ancora espresso una posizione netta sul rinnovo del glifosato, ma se, come emerge da molte dichiarazioni pubbliche, si vuole tutelare il Made in Italy, eliminare dalle nostre filiere questa sostanza dannosa è un passo obbligato. Una transizione verso tecniche che non utilizzino sostanze chimiche di sintesi è una grande opportunità per l’agricoltura del nostro Paese

Insieme possiamo convincere il governo italiano a votare contro il rinnovo dell’autorizzazione, ribadendo la posizione contraria già espressa nel 2017, e ottenere il divieto definitivo all’uso del glifosato in tutta l’UE.

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Note bibliografiche