Sono decine le cittadine e i cittadini del ponente ligure che ci scrivono per comunicarci la loro sorpresa, e contrarietà, all’idea malsana di ricollocare di fronte Vado Ligure (Savona) il famigerato “rigassificatore di Piombino”. Stiamo parlando di una nave gasiera modificata che doveva portare Piombino alle vette della produzione di gas fossile in Italia. Per ora, nulla di tutto questo è diventato realtà e il “mostro” (la nave è lunga 300 metri e nel porto ci sta strettina) giace praticamente inutilizzato. Altrettanto inutilizzato è quindi il gasdotto realizzato in pochi mesi con procedura d’urgenza (mentre per un impianto di rinnovabili possono passare anche dieci anni): tanto paghiamo noi.

Prevedere che la politica dei rigassificatori sarebbe stata fallimentare era facile: di certo non siamo stati i soli. Adesso c’è la prova di un fiasco a spese del contribuente che paga, sia detto per inciso, anche i danni da frane, alluvioni e altro, conseguenza di decenni di inazione sul fronte della transizione ecologica.

Ovvio che le popolazioni che devono subire questi scempi sono anche esposte ai rischi collegati all’attivazione dei rigassificatori. Rischi seri per l’ambiente, la sicurezza e la salute che hanno portato il Comune di Piombino a un ricorso sostenuto ad adjuvandum da WWF Italia e Greenpeace Italia,  ma la cui discussione continua a essere rinviata. Si spera, non fino alla scadenza dei fatidici tre anni, quando la nave in questione, la Golar Tundra, dovrebbe essere trasferita a Savona. Tutto ciò avviene dentro il più bistrattato dei santuari, il cosiddetto Santuario dei Cetacei, che ormai (ricordiamoci del rigassificatore OLT di Livorno) possiamo ribattezzare il Santuario dei Rigassificatori.

In risposta ai rischi per la sicurezza e alla mancanza di coinvolgimento attivo della popolazione locale ha preso piede la mobilitazione dal basso organizzata dal gruppo “Fermiamo il mostro. NO al Rigassificatore”: domenica scorsa migliaia di persone si sono riunite sulla spiaggia per creare una catena umana lungo i sei chilometri tra la spiaggia di Spotorno e quella di Savona.

A parte la ricollocazione, non in porto ma al largo (ben esposta alla temuta “ciclogenesi del Mar Ligure”: ossia, in estrema sintesi, una spiccata tendenza a generare tempeste di notevole violenza che il cambiamento climatico di sicuro non mitigherà, anzi), la principale differenza è che quest’ingombrante arredo dovrebbe sostare nel savonese per diciassette anni. Giusto il periodo entro il quale è assolutamente vitale smettere di usare combustibili fossili (e il metano è, nell’arco di venti anni, un gas serra oltre 80 volte più potente della CO2) per salvare il salvabile del clima, del Pianeta e del nostro futuro.

Assolutamente analoga è invece la procedura, sbrigativa ed emergenziale (per spostare un rigassificatore inutilizzato) che sembra replicare, come purtroppo prevedibile, il “metodo Piombino”: cittadini esclusi dai processi decisionali, assenza di prudenza e valutazioni di rischio affrettate. La conclusione è già scritta. Bisognerebbe invece fare sul serio con le rinnovabili, come auspicano le associazioni ambientaliste, e puntare  allo scenario presentato dall’industria elettrica, che mostra come si possano tagliare i consumi di gas fossile di 20 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2030.

Chiedi al Governo Italiano misure concrete contro la crisi energetica e climatica.