La deforestazione dell’Amazzonia diminuisce, ma la più grande foresta pluviale del Pianeta è in fiamme. Serve un piano d’azione integrato per salvare questo ecosistema vitale.

Allo scenario degli incendi ci siamo abituati. In particolare, nelle ultime settimane, le alte temperature hanno avuto un ruolo determinante nel far divampare gli incendi che hanno coinvolto diversi territori tra Sicilia, Sardegna e Puglia. Lo schema è sempre lo stesso: ettari ed ettari di vegetazione bruciati, persone evacuate, nubi di fumo, pompieri e mezzi di soccorso al lavoro per spegnere i roghi.

Anche le immagini che ci arrivano dall’Amazzonia non sono poi così diverse. Infatti, nonostante si continui a parlare del calo significativo della deforestazione registrato quest’anno, la foresta continua a bruciare a un ritmo allarmante.

Con il nuovo governo brasiliano di Luiz Inácio Lula da Silva la deforestazione è diminuita nei primi 6 mesi del 2023, ma i focolai di incendio sono già aumentati e si prevede che, soprattutto con una stagione più secca nel 2023 e in combinazione con il ritorno di El Niño, ci sarà un gran numero di incendi: potenzialmente superiore al 2022.

Sono 15.744 i focolai divampati in Amazzonia nel 2023, con un aumento del 5,3% rispetto al medesimo periodo del 2022. Gli incendi si concentrano principalmente negli Stati di Mato Grosso, Maranhão e Pará, dove l’industria agroalimentare continua a espandersi a scapito della più grande foresta pluviale del Pianeta. Ciò dimostra come gli incendi in Amazzonia siano direttamente collegati alla deforestazione per lasciare spazio all’espansione indiscriminata delle piantagioni di soia destinate alla mangimistica e dei pascoli per il bestiame destinato al macello. Soia e carne che per molti anni sono importati in grosse quantità anche dall’Europa.

C’è correlazione tra deforestazione e incendi

Oltre al ruolo determinante della siccità e delle alte temperature, l’aumento degli incendi in Amazzonia è dovuto anche alla deforestazione su vasta scala che fino all’anno scorso ha caratterizzato l’agenda anti-ambientalista del precedente governo brasiliano guidato da Jair Bolsonaro. I roghi di quest’anno, infatti, colpiscono aree già disboscate in passato per liberare i terreni dalla vegetazione e fare posto a nuovi pascoli e piantagioni.

Non basta monitorare e controllare la deforestazione, come sta facendo il governo di Lula al momento. Se il Brasile vuole onorare l’impegno di fermare la deforestazione entro il 2030, si deve investire in misure più efficaci per prevenire gli incendi. È urgente e necessario che si metta in atto un piano d’azione integrato per salvare questo ecosistema vitale. Sosteniamo che è arrivato il momento di riconoscere gli impatti della crisi climatica e le responsabilità di chi distrugge la foresta. Non ci si può limitare soltanto a spegnere i focolai!

L’Amazzonia svolge un ruolo vitale nella lotta contro la crisi climatica e contro la perdita di biodiversità. Serve un cambio di prospettiva: si deve passare da un modello economico basato sul saccheggio delle risorse naturali a un sistema che protegga i preziosi ecosistemi presenti nel Paese e promuova la giustizia sociale, riconoscendo i diritti e il valore della conoscenza ancestrale delle popolazioni indigene e delle comunità tradizionali.

Il summit sull’Amazzonia

Proprio in questi giorni, nella città brasiliana di Belém, che nel 2025 ospiterà anche la COP30 sul clima, si tiene il vertice sull’Amazzonia presieduto da Lula. Un summit molto atteso che riunirà al tavolo dei negoziati i rappresentanti degli otto Paesi dell’Organizzazione del trattato di cooperazione amazzonica (OCTA), Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana, Peru, Suriname e Venezuela, per discutere di strategie contro la deforestazione, criminalità organizzata e obiettivi di sviluppo sostenibile, e individuare soluzioni condivise per fermare la distruzione dell’Amazzonia. In parallelo al summit ufficiale, migliaia di attiviste e attivisti indigeni si sono riuniti per chiedere l’effettivo rispetto dei loro diritti, la protezione dei loro territori e l’inclusione delle loro conoscenze ancestrali nelle strategie di protezione dell’Amazzonia.

Il ruolo dell’Europa

Oggi il vertice accoglierà i rappresentanti di Norvegia e Germania, i maggiori contributori del Amazon Fund brasiliano.

La domanda e il consumo europeo di prodotti legati alla deforestazione e al degrado forestale hanno reso per decenni l’Unione europea complice di questa devastazione. La crescente mobilitazione in difesa delle foreste, insieme a una maggiore sensibilità delle cittadine e dei cittadini europei sull’importanza di ridurre il consumo di carne e latticini, ha spinto l’Ue ad affrontare il tema degli impatti della produzione di cibo e altre materie prime di uso comune, sulle foreste del Pianeta.  

Dopo anni di battaglie politiche, lo scorso 29 giugno è entrata in vigore la European Union Deforestation Regulation (EUDR), una normativa per eliminare la deforestazione dalle catene di approvvigionamento dell’UE. L’EUDR richiede per la prima volta alle aziende che immettono determinati prodotti e materie prime sul mercato comunitario di rintracciarne l’origine e dimostrare che non sono collegati alla distruzione o al degrado delle foreste. Si tratta di un importante passo avanti verso la protezione delle foreste del mondo.

Se vogliamo salvare il clima e la biodiversità, dobbiamo salvaguardare la biodiversità e salvare le foreste del Pianeta, aiutaci anche tu, firma ora la nostra petizione!