Abbiamo osservato i fondali con un ROV fino a 250 metri di profondità e abbiamo scoperto una straordinaria biodiversità, ma anche gli impatti delle attività umane. Ecco cosa abbiamo visto dove l’occhio umano non può arrivare!

Dense foreste di gorgonie e di corallo rosso, gamberi, pesci trombetta, castagnole rosse, coralli che vivono su fondali fangosi (le cosiddette “piume di mare”), stelle marine, crinoidei e briozoi: è questo lo spettacolo che abbiamo osservato calando il ROV – una sorta di drone subacqueo nelle acque al largo di Ischia. Ad accompagnarci e guidarci in questa tappa della nostra spedizione “C’è di mezzo il mare” è stato un gruppo di ricercatrici del CNR-IAS di Roma. Insieme alle bellezze del mare, i nostri monitoraggi sui fondali di Ischia hanno documentato purtroppo anche i gravi impatti delle attività umane: dall’ingente numero di reti e attrezzi da pesca come lenze e nasse, alle tracce sui fondali lasciate dalla pesca a strascico, fino alla presenza, più o meno diffusa, di rifiuti plastici di vario tipo: dagli imballaggi monouso ai sacchi della spazzatura.

«I monitoraggi con ROV ci hanno permesso di vedere degli ambienti mai esplorati finora, confermando come i nostri fondali, e in particolare i canyon sottomarini, rappresentino un vero e proprio hotspot di biodiversità ma, purtroppo, anche come siano estremamente vulnerabili agli impatti delle attività umane, sia legate alla pesca che alla dispersione dei rifiuti», ci spiega Martina Pierdomenico, ricercatrice dell’Istituto per lo studio degli impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino (IAS) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma. «È triste vedere che i segni del nostro impatto arrivino sui fondali marini profondi ancor prima che i nostri occhi abbiano la possibilità di esplorarli».

Cos’è il ROV: occhi puntati sui fondali

Il ROV (Remotely Operated Vehicle), che ci è stato fornito da Globe Exploration, è una sorta di drone subacqueo pilotato dalla barca e connesso a essa tramite un cavo che consente di vedere dove l’occhio umano non può arrivare. Ci ha permesso di condurre monitoraggi a profondità variabili e comprese tra i 50 e i 250 metri, sia su fondali rocciosi che fangosi in corrispondenza di alcuni canyon sottomarini – ambienti di particolare pregio perché ospitano una grande diversità biologica.

Salviamo il Mediterraneo con una rete di aree marine protette

I fondali marini devono fare i conti con l’impatto dell’uomo, che ha già raggiunto le acque più profonde del Mediterraneo. Ma i nostri monitoraggi confermano che laddove esistono misure di protezione rigorose, il mare conserva straordinari tesori.  Per questo, per tutelare le creature magnifiche e straordinarie che abitano nei nostri mari serve una rete efficace di aree marine protette. Ai ministri dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e per la Protezione Civile e le Politiche chiediamo di ratificare al più presto il Trattato globale per proteggere gli oceani adottato nei giorni scorsi dall’ONU, per garantire una tutela efficace del 30% dei nostri mari entro il 2030.

Le aree marine protette sono uno strumento efficace per la tutela di questa straordinaria biodiversità.

Rivedi sul nostro canale YouTube alcune delle tappe della spedizione “C’è di mezzo il mare”.