Questo articolo è stato pubblicato su Economiacircolare.com

Nell’ultima settimana di campagna elettorale le proiezioni delineano ancora uno scenario in cui astensionismo e indecisione potrebbero uscire dalle urne come il primo partito scelto dagli italiani. Una tendenza che ha a che fare anche con lo scollamento tra quello di cui i partiti parlano in campagna elettorale, i loro programmi da una parte, i bisogni e le aspirazioni dei cittadini dall’altra. EconomiaCirclare.com ha chiesto per questo ad alcune associazioni una valutazione sui programmi e le scelte della politica sui temi che ci sono più cari. Oggi parliamo con Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia.

Questa campagna elettorale e i programmi presentati dai partiti, secondo voi, hanno visto assegnare all’economia circolare (non solo al riciclo ma anche a prevenzione e riduzione) un ruolo adeguato? Perché? Quali partiti si sono in particolare distinti? 

Non ci sembra aver visto discutere molto questo tema e, del resto, nemmeno la crisi climatica ha avuto un grande spazio (solo lo 0,5% delle dichiarazioni dei principali leader politici nei primi 15 giorni di campagna elettorale, secondo l’analisi da noi commissionata all’Osservatorio di Pavia).

Le misure proposte per la progressiva riduzione delle forniture di gas russo (ad esempio i rigassificatori), sono un compromesso tra l’urgenza del bisogno di energia e i tempi fisiologici del passaggio alle rinnovabili? O vengono usati dai partiti come occasione per prolungare lo status quo?

Servono a prolungare lo status quo con la scusa di garantire una (eventuale) quota di approvvigionamenti. Non è dato sapere, infatti, quali nuovi contratti di GNL siano stati stipulati. Inoltre, il gas liquefatto è quello su cui si basano le contrattazioni spot ad Amsterdam e dunque il gas che eventualmente arriverebbe avrà il prezzo della borsa. Non vediamo invece un programma di accelerazione spinta delle rinnovabili, che nel settore elettrico invece potrebbero sostituire quantità di gas: l’unico modo per reagire alla crisi è ridurre il consumo di gas e non limitarsi a sostituire quello russo. Una campagna di risparmio andava lanciata per tempo e invece continuiamo a discutere inutilmente di nucleare.

Il nucleare può essere una soluzione? 

Parlare di nucleare è solo una perdita di tempo e serve a distogliere il dibattito dalla questione che dovrebbe essere centrale: perché in Italia non acceleriamo con le rinnovabili. L’EPR francese è un fallimento economico (oltre 19 miliardi di €) e l’unico cantiere in Francia a Flamanville, aperto nel 2007, non ha ancora ultimato i lavori; negli USA ritardi e extracosti sui reattori AP1000 hanno mandato in carcere un alto dirigente, fatto cancellare due dei quattro progetti e fatto fallire la Westinghouse. Né i francesi né gli americani riescono a costruire i reattori di generazione III+ e qualche genio politico nostrano ha messo il nucleare di generazione IV nel programma: una barzelletta.

Restiamo ancora sulla crisi energetica: le misure indicate dai partiti in questa campagna elettorale a favore dell’efficienza sono, secondo voi, adeguate? 

Sul tema efficienza registriamo solo le polemiche sull’Ecobonus – sul fatto che questi incentivi vadano solo a chi è già abbiente – mentre occorrerebbe un dibattito su come riformare lo strumento sia per estenderlo alle fasce più deboli che per aumentare i criteri di efficienza, troppo deboli, ed eliminare ad esempio l’incentivo a nuove caldaie a gas.

Secondo voi le misure previste dai partiti per la transizione ecologica tengono in giusto conto anche la giustizia sociale e la difesa dei soggetti più deboli? Cosa bisognerebbe fare in tal senso? 

Oltre a una riforma dell’Ecobonus andrebbero promosse le rinnovabili e le comunità energetiche con l’obiettivo di ridurre la povertà energetica che esiste e che è esacerbata dalla crisi attuale. Ma l’aspetto più importante è accelerare con la transizione energetica per creare nuovi posti di lavoro e gestire in modo più giusto la transizione. Se invece si rallenta, come dice il ministro Cingolani per l’”inazione ecologica” non solo non si difendono i vecchi settori, comunque in declino, ma non si creano nuovi posti di lavoro per riconvertire almeno una parte dei lavoratori. E si lasciano ad altri i nuovi settori, col rischio di far perdere all’Italia un’opportunità importante di riconversione industriale. Ma Cingolani preferisce blaterare di fusione e IV generazione – tecnologie lontanissime dalla commercializzazione, se mai ci arriveranno – e una parte dello schieramento politico, da Calenda a Salvini, fa lo stesso contribuendo a un dibattito lunare. Che serve solo a perdere tempo e a tutelare gli interessi del gas, gli stessi che ci hanno legato alla dipendenza dalla Russia e che bloccano da quasi dieci anni le rinnovabili nel nostro Paese.