Il caso è la punta dell’iceberg di una politica che consuma la natura  e viola i diritti umani.

Aumentano la preoccupazione e gli appelli della comunità internazionale affinché si indaghi sulla scomparsa dello studioso brasiliano Bruno Araújo Pereira e del giornalista del Guardian, Dom Phillips, avvenuta ormai più di 72 ore fa mentre svolgevano attività di ricerca nella regione della Javari Valley, nell’Amazzonia brasiliana.

Con il passare dei giorni, crescono i nostri timori per la loro incolumità

La loro scomparsa è l’ennesimo capitolo dell’agenda anti-ambientalista che il governo Bolsonaro sta promuovendo. Queste politiche hanno reso l’Amazzonia più pericolosa sia per i Popoli Indigeni e le comunità tradizionali, sia per chi difende l’ambiente, i diritti umani e la libera informazione. 

Silenziare attiviste e attivisti, leader sociali e giornaliste e giornalisti è la punta dell’iceberg di una politica di sterminio al servizio dell’economia del profitto indiscriminato e della distruzione, che consuma le foreste e viola i diritti umani.

Più e più volte, il governo brasiliano si è schierato dalla parte del crimine e della distruzione dell’Amazzonia, favorendo l’aumento della deforestazione e degli incendi illegali per fare largo a pascoli e piantagioni, all’estrazione di legname pregiato e all’espansione delle attività estrattive (incluse le miniere illegali). Il governo ha mostrato non solo una certa indulgenza nei confronti dei crimini ambientali ma ha anche sabotato le proposte ambientaliste e accelerato le azioni per indebolire le leggi a tutela dell’ambiente.

In Brasile, infatti, per favorire gli interessi dell’agribusiness e della cosiddetta “bancada ruralista” (la potente lobby che rappresenta nel Parlamento del Brasile gli interessi dei grandi proprietari agricoli e del settore agroalimentare) si stanno promuovendo leggi drastiche e disastrose che premiano l’accaparramento delle terre, privano i Popoli Indigeni delle loro terre e accelerano la distruzione delle foreste e altri importanti ecosistemi. Per affrontare le crisi del clima, della biodiversità e sanitaria che il mondo sta vivendo, dobbiamo riconoscere il ruolo essenziale che i Popoli Indigeni giocano nella conservazione della natura e supportare le battaglie per il rispetto dei loro diritti. 

Greenpeace chiede al governo brasiliano di mettere in campo tutte le azioni e gli sforzi necessari per indagare sulla scomparsa di Dom Philipps e Bruno Araújo Pereira.

Mentre gli scienziati ci avvertono della necessità (e della possibilità) di evitare le peggiori conseguenze dell’emergenza climatica e della perdita di biodiversità in corso, l’Amazzonia, la più grande foresta pluviale tropicale del mondo, continua a essere distrutta e bruciata per fare posto all’agricoltura industriale e alle miniere. Garantire che i diritti delle popolazioni indigene e delle comunità che abitano da generazioni la foresta siano rispettati significa salvaguardare ecosistemi cruciali per il futuro del nostro Pianeta.

Greenpeace si batte da anni per la tutela dei diritti dei Popoli Indigeni in Brasile e in tutto il mondo. Da questo, dipende il nostro futuro.