Nonostante le ripetute dichiarazioni dell’ineffabile ministro Cingolani sulla necessità di installare 8 GW di rinnovabili all’anno da ora al 2030, non solo ancora non accade nulla (il governo ha approvato 400 MW di rinnovabili, solo il 5% di quello che servirebbe ogni anno!), ma la risposta al caro bollette vede un attacco incomprensibile proprio alle rinnovabili.
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Il ruolo del gas
Come ha ripetuto in modo chiaro anche Faith Birol, il direttore dell’International Energy Agency, la colpa della crisi del costo dell’energia è una sola: il mercato del gas fossile. Una fonte da cui l’Italia dipende ancora troppo e il cui andamento nel mercato è destinato a essere imprevedibile e comunque a forte rischio, date le tensioni geopolitiche nei Paesi produttori o in quelli nei quali passano i tubi.
L’assurda proposta di Cingolani: aumentare la produzione nazionale di gas
Diversamente dal gas, le fonti rinnovabili, una volta installate, hanno costi fissi (e il sole e il vento sono gratuiti). Per reagire alla crisi energetica il governo Draghi invece di sveltire le procedure autorizzative bloccate dalla burocrazia – come ha promesso di fare e persino scritto nel PNRR – punta a colpire le rinnovabili e ad aumentare la produzione nazionale di gas, che oggi copre una piccola percentuale dei consumi annuali.
Le riserve di gas (specie quelle a mare) sono peraltro esigue e anche il progetto di raddoppiarne l’estrazione prevede un tempo non inferiore a due anni: tempo nel quale, come alcuni sostengono, la crisi del gas sarà passata.
Diabolico è invece il piano di colpire retroattivamente le rinnovabili, in un contesto nel quale non si tocca chi ha fatto extra-profitti estraendo e vendendo gas fossile ai prezzi esorbitanti di mercato e non si cominciano a ridurre (come promesso) i sussidi ambientalmente dannosi (20 miliardi di euro all’anno) che vanno alle fossili.
Gli interessi della lobby fossile
Il governo Draghi più che alla transizione ecologica sembra dunque interessato a salvare il settore fossile e aziende come Eni e a colpire il settore delle rinnovabili che invece, per ragioni ambientali e anche economiche, andrebbe invece sostenuto al massimo. Questa tattica di colpire anche retroattivamente le rinnovabili è già stata usata in passato per bloccare il settore e scoraggiare gli investitori. E, assieme a un percorso autorizzativo lunghissimo e costoso, ha avuto l’effetto di un sostanziale blocco.
Eppure, sappiamo per esperienza come le rinnovabili – se aiutate o almeno non ostacolate – possano crescere e rapidamente. Ma questo non piace al settore – intrinsecamente oligopolistico – del gas fossile: ed è forse questa una delle ragioni per cui il governo attacca nuovamente le rinnovabili.
Insomma, anche questo governo difende il settore delle fonti fossili ed è quindi un ostacolo alla promessa transizione ecologica.
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Alluvioni, incendi, siccità: mentre la vita sul Pianeta è sconvolta da eventi estremi causati dai cambiamenti climatici, i principali istituti finanziari, di credito e assicurativi continuano a investire nel settore dei combustibili fossili e a finanziare chi inquina, gettando benzina sul fuoco della crisi climatica. Se vogliamo limitare le conseguenze dei cambiamenti climatici e salvare 1 milione di specie a rischio dobbiamo ascoltare la scienza e tagliare subito i finanziamenti all’espansione di gas, petrolio e carbone. Chiedi alle banche e alle compagnie di fare la loro parte nella lotta all’emergenza climatica: basta finanziamenti che distruggono il Pianeta!