Secondo fonti stampa l’Italia sarebbe pronta a rinunciare alla verifica parlamentare

Clamorosa inversione di marcia del Governo italiano sul CETA, il controverso accordo commerciale tra la UE e il Canada: l’Italia sarebbe infatti pronta a rompere il fronte con gli altri Stati membri sul diritto dei parlamenti nazionali di approvare o respingere l’accordo.

Secondo quanto riportato dalla Reuters e dall’agenzia di stampa austriaca APA, il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, in una lettera indirizzata al Presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker e al Commissario UE Cecilia Malmström, avrebbe garantito il supporto dell’Italia per una gestione dell’accordo “EU-only”, invece che misto (mixed-agreement). Nel corso del Consiglio dei ministri UE del commercio dello scorso 13 maggio, invece, Calenda si era espresso a favore di un accordo misto, insieme ad altri 17 Paesi, per garantire lo scrutinio da parte dei Parlamenti nazionali.

Le implicazioni del CETA sono enormi, per questo i parlamenti nazionali devono avere l’ultima parola e ovviamente questo deve avvenire prima che l’accordo entri in vigore!

Come il TTIP, il CETA darebbe alle multinazionali il potere di citare in giudizio gli stati al di fuori dei nostri sistemi giuridici: una minaccia per le leggi e le norme che tutelano l’ambiente, la nostra salute e i nostri diritti!

A inizio luglio, la Commissione dovrebbe presentare un piano per l’approvazione del CETA che potrebbe escludere lo scrutinio da parte dei Parlamenti nazionali. Questo piano avrebbe bisogno del sostegno di una maggioranza qualificata, composta da almeno il 55 per cento degli Stati membri e dal 65 per cento della popolazione dell’Ue.

Da più parti si guarda alla ratifica del CETA come a un banco di prova in vista dell’eventuale entrata in vigore del TTIP, il patto commerciale tra UE e gli Stati Uniti attualmente in fase di negoziazione. Insomma, sia il CETA che il TTIP darebbero alle multinazionali dei poteri senza precedenti, fra cui la possibilità di citare in giudizio i governi davanti a speciali collegi arbitrali, bypassando le Corti nazionali e comunitarie.

Ad oggi sono circa 42 mila le aziende già operanti nella UE che appartengono a società statunitensi con filiali in Canada: uno stratagemma attraverso cui – grazie al CETA – potrebbero trascinare in giudizio gli Stati membri della UE, anche senza il TTIP.