Mentre continua l’allerta meteo in Sicilia per il ciclone tropicale mediterraneo (o medicane, dalla contrazione di Mediterranean hurricane), che ha colpito Catania causando già tre vittime e che potrebbe intensificare la propria violenza spostandosi in altre zone del sud Italia, pubblichiamo i primi dati relativi al monitoraggio delle temperature marine nell’ambito del progetto Mare Caldo, che indicano un aumento rispetto al 2020

Oltre a causare conseguenze drammatiche sugli organismi che abitano i nostri mari, il costante e crescente aumento delle temperature del mare che registriamo, anche negli strati più profondi, è una delle concause dei cicloni che vediamo abbattersi sulle nostre coste, come ci ha già spiegato il climatologo Pasini. È evidente che non c’è più tempo da perdere: eventi climatici estremi, siccità e trombe d’aria sono ormai una realtà anche nel nostro Paese, con impatti gravissimi sulla biodiversità e sulla vita delle persone. 

I leader mondiali riuniti oggi a Roma per l’inizio del G20 devono mettere in atto azioni concrete per tagliare le emissioni climalteranti il più velocemente possibile: ulteriori rinvii porteranno solo all’aggravarsi di fenomeni estremi come quelli che stanno colpendo in questi giorni il Sud Italia. 

Le temperature marine sono in costante aumento 

I primi risultati raccolti quest’anno nell’ambito del nostro progetto Mare caldo, una rete che oggi coinvolge 8 Aree Marine Protette (AMP) in tutta Italia per il monitoraggio dell’aumento della temperatura del mare tramite l’installazione di termometri subacquei, mostrano come i cambiamenti climatici siano ormai una realtà anche negli ambienti più profondi dei nostri mari.

La stazione di misurazione posizionata sulla costa nord-occidentale dell’Isola d’Elba ha rivelato che quest’estate – tra le più calde mai registrate nella nostra penisola –le temperature medie misurate a luglio e agosto dai 20 ai 40 metri di profondità sono state di circa 1,5 gradi centigradi più alte di quelle del 2020, raggiungendo valori medi di quasi 18 gradi centigradi nei mesi estivi a una profondità di 40 metri.  

Stiamo perdendo biodiversità 

Nei monitoraggi che abbiamo effettuato nelle scorse settimane insieme ai ricercatori del DiSTAV dell’Università di Genova all’Isola d’Elba è emerso inoltre un aumento della mortalità degli organismi più sensibili legato all’innalzamento delle temperature. 

Come ci spiega Monica Montefalcone, ricercatrice del DiSTAV dell’Università di Genova e responsabile scientifica del progetto Mare caldo.«Gli studi fatti nell’ambito del Progetto Mare caldo evidenziano come le temperature stiano aumentando anche negli strati più profondi, ambienti solitamente più stabili dove anche le minime variazioni di temperatura possono causare conseguenze drammatiche  Noi stessi durante i monitoraggi condotti per il progetto abbiamo potuto osservare un aumento di mortalità degli organismi più sensibili. Sono ormai evidenti cambiamenti significativi nella struttura e nella composizione delle comunità betoniche negli ambienti marini sommersi, con gravi conseguenze non solo per la biodiversità marina ma anche per le economie che da essa dipendono».

Nelle prossime settimane i ricercatori del DiSTAV analizzeranno anche i dati raccolti dalle altre stazioni del progetto per verificare se l’aumento registrato all’Elba sia coerente nelle diverse aree dei mari italiani. 

Basta chiacchiere, servono azioni concrete

Secondo l’osservatorio europeo sul clima Copernicus, l’estate del 2021 è stata la più calda in Europa negli ultimi trent’anni, e le temperature registrate sulla terraferma da ISAC-CNR in Italia indicano che è stata la sesta più calda dalla fine dell’Ottocento, con medie che hanno superato di circa 1,5 gradi centigradi quelle degli ultimi trent’anni.  

All’Italia chiediamo di non nascondersi ancora dietro a chiacchere e a false soluzioni ma di promuovere azioni concrete per proteggere il mare e il clima, a cominciare dal divieto di ogni nuova attività di trivellazione offshore. 

Le estrazioni di idrocarburi mettono infatti a rischio il nostro mare due volte: in modo diretto con le attività di esplorazione e perforazione, e in modo indiretto con le conseguenze causate dall’utilizzo dei combustibili fossili.

Non c’è altro tempo da perdere: bisogna agire ora contro la crisi climatica.