Oggi in tutto il mondo si celebra il Car Free Day, la giornata internazionale senz’auto. Ma è davvero necessario un giorno dedicato per ricordarci che è possibile muoversi senza usare la macchina, con innumerevoli benefici per l’ambiente, la salute e anche il portafoglio, visto che la benzina non costava così tanto dal 2014? Ancora oggi la risposta purtroppo è sì.

Non è un caso se l’Italia ha un tasso di motorizzazione tra i più alti in Europa, con più di 65 auto ogni 100 abitanti. Le città in cui viviamo non solo sono invase dalle automobili, ma sono il più delle volte progettate e pensate per le automobili anziché per i loro abitanti.

È ormai troppo tempo che l’auto plasma il volto delle nostre città, il paesaggio e anche la vita delle persone. I cittadini sono stati resi dipendenti dal trasporto motorizzato privato attraverso una cattiva pianificazione urbana, la mancanza di facile accesso ad alternative di trasporto pubblico e la massiccia pubblicità da parte dell’industria automobilistica, che ha promosso l’utilizzo dell’auto come il modo di spostarsi per eccellenza, facendo delle macchine anche uno status symbol.

I costi sociali e ambientali delle auto

La realtà dell’automobile privata è però ben diversa da come viene dipinta dalle pubblicità:

  • in media le auto restano parcheggiate, e quindi inutilizzate, per circa il 95 per cento del loro tempo, e oltre la metà dello spazio in città, fra strade e parcheggi, è dedicato alle auto;
  • nel 2019 in Italia gli incidenti stradali hanno causato più di tremila vittime e oltre 240 mila feriti;
  • l’anno precedente in Italia ci sono state più di 10 mila morti premature riconducibili all’inquinamento atmosferico da biossido di azoto, un gas nocivo emesso in larga parte dalle auto;
  • il settore dei trasporti è responsabile in Italia di circa un quarto delle emissioni di gas serra, e di queste più del 90 per cento vengono proprio dal trasporto su strada;
  • le auto alimentate a diesel e benzina (quelle ancora oggi più diffuse) sono ampiamente inefficienti dal punto di vista energetico, con solo il 30 per cento dell’energia convertita in movimento, mentre il resto viene disperso.

Per questi motivi, durante la Settimana Europea della Mobilità, volontarie e volontari di Greenpeace hanno deciso di scendere per strada in quindici città italiane e trasformare gli spazi dedicati alle auto in spazi per le persone. Da Bari a Roma, da Genova a Palermo, da Torino a Vicenza, la mobilitazione ha trasformato i parcheggi in aree relax, palchi per musicisti, spazi di gioco per i bambini e di condivisione per gli adulti.

Come trasformare le nostre città

Fra meno di due settimane, si svolgeranno le elezioni amministrative in moltissime città italiane, tra cui quelle più grandi e popolose, dove la mobilità è al centro dell’agenda politica. Si apre quindi l’opportunità di inaugurare una nuova stagione politica, fatta di sindaci e sindache che si impegnano per trasformare le loro città, rendendone la mobilità più sostenibile, equa e accessibile a tutte le persone.

Un nuovo modo di pensare e progettare le città: è esattamente quello che hanno chiesto i gruppi locali di Greenpeace con la loro mobilitazione. Lo hanno fatto conoscendo bene i problemi delle città in cui vivono, e al tempo stesso con la consapevolezza che le soluzioni già esistono, ciò che ancora manca è soprattutto la volontà politica di metterle in pratica. I volontari e i cittadini che si sono uniti all’attività hanno chiesto più piste ciclabili sicure e aree pedonali, investimenti per rendere il trasporto pubblico più efficiente e capillare, il potenziamento dei servizi di mobilità condivisa ed elettrica, più aree verdi e spazi per la socialità, così come più zone con limitazioni al traffico di auto e moto.

La partita a livello locale è appena cominciata, e noi continueremo a fare pressione sulle amministrazioni per chiedere città più sane, sostenibili e a misura di persone. Oggi festeggiamo la giornata internazionale senz’auto, ma il nostro obiettivo è non doverla più festeggiare, perché sarà diventata la norma e non l’eccezione.