Cinque milioni di persone vivono ancora in zone contaminate, ma nel mondo si continua a investire sul nucleare. È il momento di passare alle rinnovabili!

30 anni fa, alle prime ore dell’alba del 26 aprile 1986, un grave incidente nucleare si verificò al reattore 4 della centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina, allora territorio dell’Unione Sovietica. L’esplosione del reattore e gli incendi che seguirono sono passati alla storia come il più grande incidente nucleare civile di sempre, con una emissione di radiazioni nell’atmosfera superiore di molte centinaia di volte a quella delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki.Le conseguenze interessarono tutto il Continente Europeo e, trenta anni dopo, cinque milioni di persone in Ucraina, Rusia e Biellorussia vivono nelle zone contaminate dalle radiazioni.

La loro vita è fatta di scelte per limitare al minimo l’esposizione alle radiazioni. Uscire, cucinare, lavorare fuori casa e fare la spesa: ogni azione deve essere ponderata per fare in modo di ridurre al minimo i rischi per se stessi e per i propri figli.

I loro governi sembrano aver dimenticato: i programmi per garantire il monitoraggio dei cibi contaminati sono stati ridotti per una questione di costi.

Non solo, in questo momento si continuano a investire miliardi per l’energia nucleare, mentre si evita di sostenere le famiglie che vivono affrontando le conseguenze del disastro radioattivo.
È ingiusto tagliare i programmi per proteggere i sopravvissuti di Cernobyl.

Ed è follia continuare ad investire nell’energia nucleare, quando l’energia rinnovabile è sicura, pulita è conveniente per tutti!

Per commemorare il trentesimo anniversario del disastro nucleare di Cernobyl, alcuni attivisti di Greenpeace hanno proiettato sul sarcofago del reattore danneggiato dei messaggi di solidarietà rivolti ai sopravvissuti.