Grazie a una massiccia attività di lobby, l’industria dei combustibili fossili sta cercando di mettere le mani sui fondi europei per la ripresa economica, che dovrebbero servire a finanziare la transizione ecologica, per promuovere false soluzioni come l’idrogeno ricavato dal gas fossile.

La denuncia, contenuta in un nuovo rapporto della coalizione Fossil Free Politics, promossa anche da Greenpeace International, svela come alcune delle aziende che più contribuiscono alla crisi climatica rischino di essere tra i principali beneficiari dei fondi europei in Italia, Spagna, Portogallo e Francia.

Nel nostro Paese, le pressioni esercitate sul governo dalla lobby dei petrolieri ha fatto lievitare gli investimenti destinati all’idrogeno da uno a quattro miliardi di euro attraverso l’inclusione nel PNRR dell’idrogeno “blu”, che a differenza dell’idrogeno “verde” è ricavato dal gas fossile.

Un tentativo che è stato sventato solo in parte dall’intervento della Commissione Europea, che nell’ultima versione del PNRR ha imposto una riduzione dei finanziamenti all’idrogeno e stabilito che questi dovranno essere limitati all’idrogeno verde.

La realtà però è che resta il rischio concreto che progetti analoghi possano essere comunque finanziati con altri fondi europei.

Il rapporto documenta come da febbraio a oggi la lobby dei combustibili fossili abbia goduto di una corsia preferenziale presso il Ministero della Transizione Ecologica, con una media di tre incontri a settimana. La parte del leone è stata fatta da Eni, seguita da Snam ed Enel, che da soli hanno partecipato alla metà degli incontri. Lo stesso ministro Roberto Cingolani è stato presente a venti incontri, oltre a partecipare a un webinar sull’idrogeno organizzato dall’industria dei combustibili fossili. L’attività di lobby si è estesa a una dozzina di audizioni parlamentari, dove i rappresentanti dell’industria hanno potuto avanzare le loro proposte, pienamente avallate dal Parlamento italiano e integrate nel PNRR che il Governo Draghi aveva presentato alla Commissione Europea. 

Ma è ammissibile che l’Italia preferisca dare priorità all’idrogeno e al gas, piuttosto che alla sanità pubblica o a un programma serio di decarbonizzazione dell’economia?

La prova che l’idrogeno sia un pretesto per continuare a produrre benzina e diesel, facendo pagare ai cittadini un modello di business inquinante e novecentesco, viene proprio da Eni: l’azienda ha ammesso che nel prossimo futuro l’idrogeno blu sarà usato come carburante nelle raffinerie di petrolio!

Non possiamo accettare questo “assalto alla diligenza” da parte di chi vuole continuare col proprio business sulle spalle del Pianeta, abbiamo bisogno di un cambiamento radicale che metta al centro la protezione del clima, dell’ambiente e dell’interesse collettivo!