Si avvicina un giorno molto atteso, quello dell’entrata in vigore della Direttiva europea sulle plastiche monouso. Una legge che abbiamo voluto e chiesto a gran voce insieme a decine di migliaia di persone che hanno sottoscritto la nostra petizione. Un provvedimento storico adottato poco più di due anni fa con l’obiettivo di ridurre la quantità di rifiuti in plastica che finiscono nei nostri mari a un ritmo sempre più elevato.

L’Italia, come gli altri Stati membri dell’Unione, ha avuto due anni di tempo per recepire la norma nell’ordinamento nazionale, ma a due giorni dalla scadenza non si sa quando il provvedimento diverrà legge anche nel nostro Paese. Una situazione paradossale che espone i nostri mari a rischi elevati per salvaguardare il business inquinante di poche aziende.

Ci saremmo aspettati dal ministro Roberto Cingolani una forte accelerata per trasformare in realtà quella transizione ecologica sbandierata ai quattro venti sin dall’insediamento del Governo Draghi. Ma gli intenti della politica in questi mesi sono rimasti solo slogan senza riscontri tangibili e risolutivi.

Mentre Francia e Germania vanno nella direzione giusta, sostituendo il monouso in plastica con contenitori riutilizzabili, il dibattito nel nostro Paese è anacronistico e verte sulla sostituzione delle plastiche tradizionali con quelle biodegradabili e compostabili.

Una soluzione non contemplata dall’Europa nell’ambito della Direttiva che, partendo dai dati scientifici disponibili, non considera questi materiali come un’alternativa valida per prevenire l’inquinamento dei mari.

Oggi, a causa dell’inazione del nostro governo, non sappiamo se quei manufatti che negli altri ventisei Paesi europei diverranno illegali entro pochi giorni lo saranno anche in Italia. Una situazione che peraltro mette in seria difficoltà l’industria nazionale che negli ultimi anni, con Direttiva europea già approvata, ha visto i precedenti governi agevolare la riconversione industriale verso l’uso delle plastiche biodegradabili e compostabili al posto di quelle fabbricate a partire da petrolio e gas fossile. Tutto ciò è assurdo e conferma l’incapacità della nostra politica di governare la transizione, nonostante avessimo i tempi per farlo.

Ci saremmo aspettati anche iniziative per ridurre il consumo delle bottiglie di plastica usate per le acque minerali e le bevande, imballaggi di cui l’Italia detiene il primato europeo di utilizzo.

I nostri dati confermano la necessità di intervenire su questa tipologia di contenitori: più del 60 per cento degli 11 miliardi di bottiglie immesse ogni anno sul mercato italiano non vengono riciclate, cosicché circa 7 miliardi di bottiglie da 1,5 litri rischiano di essere disperse nell’ambiente e nei mari.

Con la nostra spedizione “Difendiamo il mare” stiamo navigando in Adriatico per chiedere interventi urgenti su questa tipologia di imballaggi e il recepimento della Direttiva in tempi brevi e senza compromessi al ribasso. In questi giorni abbiamo incontrato un mare pieno di trivelle da cui si estraggono gas e petrolio, che oltre a essere i principali responsabili dell’emergenza climatica, sono anche la materia prima da cui si ricava il 99% della plastica oggi in commercio. Per una vera transizione ecologica, dobbiamo lasciarci alle spalle l’uso dei combustibili fossili e i prodotti che ne derivano, a partire dalla plastica usa e getta. Solo così salveremo i mari, il Pianeta e noi stessi.

Polignano a Mare (Bari) – Foto di Mario Nuzzi / Greenpeace
Più mare, meno plastica!

Il mare non è una discarica: chiedi alle aziende di abbandonare l’usa e getta.

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