Attivisti su iceberg davanti al Palazzo Eni a Roma per raccontare il vero volto del cane a sei zampe

Azione al quartier Generale Eni! Dall’alba di stamattina, sul laghetto antistante il palazzo ENI i nostri attivisti hanno collocato la riproduzione galleggiante di un iceberg che si scioglie, a testimonianza dei drammatici impatti dell’emergenza climatica. Mentre un gruppo di attiviste e attivisti in kayak ha aperto degli striscioni, altri otto attivisti sono stati fermati dalla polizia mentre cercavano di iniziare la scalata al grattacielo dove ha sede l’ENI. La nostra azione, ancora in corso, ha luogo alla vigilia dell’assemblea degli azionisti – contro le politiche climatiche dell’azienda e per mostrare a tutte e tutti il vero volto del Cane a sei Zampe.

Il piano di Eni: comunicazione verde e investimenti fossili

ENI è campione di greenwashing: cerca di proporsi agli occhi della collettività come una realtà attenta all’ambiente, ma in realtà punta a incrementare l’estrazione di petrolio e gas almeno fino al 2024.

Lo confermano gli stessi investimenti programmati dall’azienda (qui trovate la nostra analisi del piano industriale 2021-2024 di ENI), che per il 65% verteranno sui combustibili fossili. Il 20% del capitale andrà in investimenti che per l’azienda sono “green”, ma che includono, oltre le rinnovabili, anche attività dannose per il clima, come bioraffinerie e settore retail gas & power. A energie pulite come solare ed eolico Eni destina dunque solo le briciole.

Anche per quanto riguarda la riduzione delle emissioni, mentre gli scienziati avvertono che si dovrebbe fare ogni sforzo per ridurre le emissioni entro il 2030, ENI intende rimandare ben oltre questa data il taglio della gran parte delle proprie emissioni, limitandosi a una riduzione di appena il 25% in questo decennio!

Compensare le emissioni di CO2 non significa ridurle: il CCS e il REDD+ di Eni

ENI afferma di voler arrivare a emissioni nette zero, ma questo non significa, come invece si potrebbe pensare, che rinuncerà ai combustibili fossili: l’azienda continuerà a estrarre petrolio nel medio periodo, e gas fossile fino a ben oltre il 2050, puntando su progetti di compensazione delle emissioni di CO2, come il CCS (Carbon Capture and Storage) e il REDD+, che sembrano piuttosto un gioco delle tre carte. Da un lato vorrebbe infatti nascondere una parte delle emissioni sotto il mare, grazie a impianti di cattura e stoccaggio della CO2 da finanziare con fondi pubblici, ma ancora in fase sperimentale e potenzialmente pericolosi. Dall’altro vorrebbe compensare un’altra parte di emissioni con progetti di conservazione delle foreste che già in passato si sono rivelati dannosi per le comunità locali, e talvolta perfino per gli ecosistemi. 

L’unico modo per frenare la crisi climatica  è abbandonare gradualmente, ma in fretta, gas e petrolio!