Procede l’indagine indipendente di Greenpeace per ricostruire l’origine e le cause della marea nera che lo scorso febbraio ha raggiunto le coste di Israele, provocando il peggior disastro ambientale nella storia del Paese. Dietro questo disastro, secondo alcune ipotesi, potrebbe esserci uno smaltimento illegale delle acque di lavaggio delle cisterne di una petroliera in navigazione nel Mar Mediterraneo.

Per fare luce su quanto accaduto, Greenpeace sta raccogliendo immagini satellitari per risalire alle navi sospette e sta analizzando alcuni campioni di catrame prelevati dalle spiagge.

Cosa è successo

Lo scorso 16 febbraio circa 1200 tonnellate di bitume si sono riversate lungo le spiagge israeliane, trasportate dalla corrente e dalle mareggiate. Gravi sono stati i danni alla fauna marina, soprattutto tartarughe marine, uccelli e pesci, i cui corpi sono stati ritrovati ricoperti dal catrame. Il disastro ha coinvolto il 90% della costa del Paese (cioè circa 160 chilometri) e colpito 16 comunità.

Greenpeace si è immediatamente attivata insieme ad altre numerose associazioni e volontarie e volontari. Ad affiancare queste realtà, in un secondo momento sono sopraggiunti l’esercito e le Autorità nazionali per i parchi, con l’obiettivo di ripulire le spiagge e liberare gli animali dal catrame. Come anticipato, Greenpeace ha poi avviato un’indagine indipendente per ricostruire le dinamiche del disastro e identificare i colpevoli di questo terribile sversamento.

I risultati delle prime indagini

Le indagini del Ministero dell’Ambiente sono ancora in corso, ma è probabile che la fuoriuscita di petrolio si sia originata a circa 50 chilometri dalle coste di Israele, al largo di Ashdod, più o meno una settimana prima dell’arrivo della marea nera sulle coste. Non si tratterebbe di un incidente o di una negligenza, ma quasi certamente di uno sversamento deliberato di petrolio residuo da parte di una petroliera: il petrolio che si trasforma in catrame è di solito petrolio greggio.

Per capire qual è stata l’effettiva dinamica che ha portato a questo disastro, Greenpeace ha raccolto immagini satellitari dall’11 al 13 febbraio, così da risalire alle possibili navi responsabili dello sversamento. 

Le immagini del satellite Sentinel 1 mostrano un grande sversamento già l’11 febbraio a circa 45 chilometri dalla costa di Israele (nel punto che il Ministero della Protezione Ambientale israeliano ha identificato come fonte dell’inquinamento). Le foto raccolte dal satellite rivelano poi che l’enorme marea ha navigato per almeno quattro giorni nel Mar Mediterraneo, senza che nessuno intervenisse: le immagini satellitari mostrano due enormi macchie visibili a soli 20 chilometri dalla costa di Israele il 12 febbraio. Così come un’ampia macchia oleosa nelle acque territoriali di Israele, a soli 11 chilometri dalla costa, vicino alla piattaforma Whale, quattro giorni prima che la marea raggiungesse le coste.

Ciò significa che, con un monitoraggio adeguato, il governo avrebbe potuto prevenire o certamente limitare il disastro, preparando una risposta efficace ed evitando che una marea nera di queste proporzioni arrivasse a investire le coste.

È interessante notare come dalle immagini satellitari siano stati individuati altri sversamenti negli stessi giorni nel bacino orientale del Mediterraneo, tra Cipro e il Libano, per quanto non abbiano nulla a che fare con il disastro israeliano. Ciò dimostra come i problemi legati al trasporto di petrolio non siano qualcosa di “poco comune”. L’unico modo per porre fine a questo tipo di disastri e tutelare davvero l’ambiente è quella di porre fine alla nostra dipendenza dalle fonti fossili. In Israele, nel Mediterraneo e su tutto il Pianeta.

I prossimi step

Attraverso le immagini satellitari e i movimenti delle navi sarà forse possibile risalire ai probabili responsabili dello sversamento. Al momento, la principale sospettata è la nave Minerva Helena, vicino alla quale l’11 febbraio si osserva la macchia di petrolio. Ma dato che non ci sono immagini satellitari della zona nei giorni precedenti, la macchia potrebbe essersi formata prima.

Per provare il coinvolgimento certo della Minerva o di qualsiasi altra nave sarà necessario continuare le indagini, aspettare i risultati dei campioni raccolti e confrontare il catrame lungo le spiagge con il petrolio che era sulla nave.