Graffiti on the streets of Johannesburg, highlight water as a human right.

Il tema scelto dall’ONU per la giornata mondiale dell’acqua 2021 è “diamo valore all’acqua”. Un titolo che potrebbe suonare ambiguo se si pensa che questo è anche l’anno in cui, per la prima volta, il bene acqua è stato quotato sul mercato finanziario come “future”, ma che può essere anche un chiaro invito a conservare e proteggere questa preziosa risorsa.

L’acqua è sempre più scarsa, complici i cambiamenti climatici e la crescente pressione antropica. Pur essendo il nostro Pianeta “ricoperto d’acqua”, la percentuale di questa utilizzabile per usi umani è circa lo 0,6% considerando laghi, fiumi e falde sotterranee di facile accesso. Una componente solo in parte “rinnovabile”, poiché le falde hanno tempi di ricarica spesso più lunghi del tasso di sfruttamento cui vengono sottoposte.

Già nel 2012 le Nazioni Unite pronosticavano che circa la metà della popolazione mondiale dovrà affrontare la questione della scarsità idrica, e dal 2015 il World Resources Institute monitora lo stress idrico (rapporto tra disponibilità d’acqua e domanda) in più di 160 Paesi, inserendo anche l’Italia tra i paesi ad alto rischio.

Siamo abituati a considerare la scarsità idrica come un problema geograficamente lontano dai nostri confini, ma l’Osservatorio europeo della siccità (EDO) indica anche l’Italia tra i Paesi Ue considerati più a rischio. E secondo l’ANBI (Associazione nazionale dei consorzi di Bonifica e Irrigazione) il livello dei fiumi del Nord è sempre più basso e il rischio desertificazione in aumento, soprattutto in alcune regioni del Sud Italia.

E’ evidente come un simile scenario abbia impatti devastanti sia sugli ecosistemi naturali che sulle attività umane, sia in chiave sociale che economica.  I settori destinati a pagare le conseguenze più gravi della siccità sono quelli dell’agricoltura, della zootecnia e della silvicoltura, anche nel nostro Paese. In Italia il 20 per cento del territorio rischia di non essere più produttivo e di essere dunque abbandonato e si stima che a causa di siccità, alluvioni ed erosioni del suolo si rischia di perdere l’1 per cento annuo sulla produzione agricola, con danni per oltre 30 milioni di euro l’anno per il settore (Enea).

L’agricoltura si trova ad essere dunque una delle principali vittime di questo fenomeno, ma ad essa sono legate anche importanti soluzioni.

Prendendo in esame proprio il rapporto tra sistema agroalimentare e consumo della risorsa idrica si scopre che la frazione di gran lunga più grande dell’impronta idrica totale in Europa riguarda il consumo di prodotti agricoli commestibili (84 per cento), con più del 45 per cento di questa imputabile ai prodotti a base di carne e latte.

The Po Valley is the Italian area with the highest concentration of factory farms.

L’agricoltura europea, dedicata per circa due terzi all’alimentazione animale, utilizza più acqua dolce di qualsiasi altro settore in Europa: il 59 per cento del consumo totale e il modello di agricoltura intensiva impoverisce la frazione organica dei suoli, rendendoli meno efficaci nel  trattenere l’acqua (fonte ANBI). La disponibilità idrica diminuisce dunque, ma i nostri terreni agricoli hanno ancora più sete.

Nel settore zootecnico i volumi d’acqua utilizzati diventano ancora più importanti: per grammo di proteine, l’impronta idrica della carne bovina è sei volte maggiore di quella dei legumi e secondo la stessa Assocarni (Associazione Nazionale Industria e Commercio Carni e Bestiame) per  produrre un chilo di carne bovina occorrono in media 15.415  litri di acqua, mentre, sempre a detta del comparto produttivo, in Italia ne usiamo “solo” 11.500 litri.

Serve una transizione verde… e blu!

Nel settore agricolo la risposta è nella transizione verso metodi agroecologici: se da un lato l’agricoltura intensiva, basata su produzioni specializzate e a bassa diversità, è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici, al degrado del suolo e alla  scarsità d’acqua, l’agricoltura ecologica è la principale strategia di resilienza alla siccità.

Anche nel campo della zootecnia i modelli di allevamento ecologico, compresi i sistemi integrati di allevamento e di allevamento e silvicoltura, possono offrire vantaggi a molteplici processi ecosistemici, inclusa la resilienza alla siccità.

Cosa possiamo fare noi?

Una riduzione molto significativa dell’impronta idrica dei prodotti agricoli in Europa potrebbe inoltre essere raggiunta passando a diete più sane, ricche di frutta e verdura e con meno carne e latticini: con una “dieta europea” di questo tipo si potrebbero risparmiare circa 1.292 litri pro capite al giorno, ossia il 30 per cento dell’impronta idrica per il consumo prodotti agricoli rispetto alla situazione attuale.

Per compiere questi cambiamenti sono necessari e urgenti sostanziosi investimenti, sia in termini di ricerca sulle innovazioni agroecologiche, sia di sostegno per aiutare gli agricoltori e allevatori a compiere una vera transizione ecologica e i consumatori ad adottare diete con un minore impatto sulla disponibilità idrica e sulla sua qualità.

L’Italia si appresta a varare il PNRR (Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa) e la Strategia Nazionale sulla nuova Politica Agricola Comune. Un fiume di soldi, che possono rappresentare la nostra ultima occasione per non arrivare a spremere fino all’ultima goccia del nostro Pianeta blu.


Ferma gli Allevamenti Intensivi

Quello che mangiamo oggi determina il mondo di domani: non mettiamo il Pianeta nel piatto!

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