A satellite image shows damage at Fukushima I Nuclear Power Plant In Fukushima Prefecture. The damage was caused by the offshore earthquake that occurred on 11 March 2011.

Oggi ricorrono i 10 anni dal terribile disastro nucleare di Fukushima, il secondo più grave della storia dopo Chernobyl, avvenuto a seguito del violento tsunami che colpì il Giappone e la centrale nucleare di Daichii Fukushima l’11 marzo 2011.

Anche se 10 anni sembrano tanti, non bastano a spazzare via la pesante e complessa eredità del disastro, con cui la popolazione locale e le aree colpite devono fare i conti ancora oggi.

Basta guardare alla situazione di Fukushima oggi per capire che i problemi causati dal disastro sono tutt’altro che risolti. Secondo le stime del governo, ci sono almeno 35.000 persone ancora sfollate a causa dell’incidente. Le nostre ultime indagini sui livelli di decontaminazione dell’area e lo stato di avanzamento del piano di smantellamento della centrale dimostrano inoltre che la strategia del governo non sta funzionando.

I livelli di contaminazione sono ancora alti

A Greenpeace team member holds a Geiger counter displaying radiation levels of 8.39 micro Sievert per hour in Iitate village, 40km northwest of the crisis-stricken Fukushima Daiichi nuclear plant, and 20km beyond the official evacuation zone

Dal 26 marzo 2011, un team di esperti in radiazioni di Greenpeace ha raccolto dati sulle conseguenze radiologiche del disastro di Fukushima, per un totale di 32 indagini, l’ultima della quale a novembre 2020.

Queste indagini mostrano che gli sforzi per la decontaminazione dell’area da parte del governo sono stati fino ad ora limitati: i livelli di radiazione nelle città di Iitate e Namie, nella prefettura di Fukushima restano ancora oggi elevati e in alcune aree sono superiori ai limiti di sicurezza. Ciò avviene anche nelle aree in cui gli ordini di evacuazione sono stati revocati nel 2017, potenzialmente esponendo la popolazione a un maggiore rischio di cancro. Le nostre indagini mostrano anche che l’85% degli 840 chilometri quadrati della Special Decontamination Area (SDA), per cui il governo è responsabile della decontaminazione, è ancora contaminata da cesio radioattivo. Fino al 2018 sono stati impiegati (ed esposti a rischi ingiustificati di radiazioni) decine di migliaia di lavoratori, la maggior parte dei quali subappaltatori mal pagati – come hanno mostrano le nostre indagini, per un programma di decontaminazione limitato e inefficace.

Un nuovo piano di smantellamento è necessario

Anche il piano del governo per lo smantellamento della centrale di Daichii si sta rivelando un fallimento: il piano risulta irrealizzabile nell’arco di tempo di 30-40 anni definito dall’attuale tabella di marcia del governo, come dimostra la nostra analisi. Così com’è, il piano non riesce ad evitare che la contaminazione delle acque sotterranee e quelle accumulate nei serbatoi continui ad aumentare in futuro e rischia di generare problemi di ricontaminazione dovuti al trasferimento dei materiali radioattivi dalla centrale. E’ necessario un ripensamento fondamentale dell’approccio, che includa un piano credibile di recupero delle centinaia di tonnellate di detriti di combustibile nucleare che rimangono all’interno del sito.

Bags with nuclear waste in Obori, Namie-town inside the highly contaminated exclusion zone in Namie, Fukushima prefecture.

Le responsabilità del governo 

Le nostre analisi sugli attuali livelli di radiazione nelle aree di Itatie e Namie e sul piano di smantellamento della centrale di Fukusima Daichii mostrano che il governo non sta facendo abbastanza. In particolare, i governi che si sono succeduti negli ultimi 10 anni hanno mistificato l’efficacia di un piano nazionale di decontaminazione che è in realtà deludente e senza prospettive di successo, in tal modo ingannando il popolo giapponese e ignorando i rischi radiologici.

Per porre fine a 10 anni di inganni e rimediare agli errori compiuti fino ad oggi, il governo giapponese dovrebbe fornire un giusto risarcimento ai sopravvissuti di Fukushima e rivedere il suo piano energetico per dare finalmente priorità alla sicurezza della popolazione. Ha un solo modo per farlo: eliminare per sempre l’energia nucleare (come chiedono tra l’altro la maggior parte dei cittadini giapponesi), e rinunciando a sostituirla con fonti di energia fossile che alimentano la crisi climatica in corso, ovvero con nuove centrali a carbone. Guardando agli scenari futuri, il governo giapponese può e deve decidere di investire in fonti di energia rinnovabile decentralizzate che siano relativamente resistenti ai terremoti e ad altri eventi meteorologici estremi. Solo così può mettere al sicuro i suoi cittadini ed evitare che disastri come Fukushima si ripetano ancora.