Activists from Greenpeace and the Friday for Future movement protest outside the ENI headquarters in Rome.

Nelle scorse ore Eni ha presentato i propri risultati finanziari e, insieme a essi, il Piano investimenti 2021 -2024. Abbiamo analizzato la strategia del Cane a Sei Zampe, e non abbiamo buone notizie per il clima e il Pianeta.

Come spesso accade in questi casi, la differenza tra quanto viene narrato e la realtà dei fatti è davvero enorme. Nonostante infatti i soliti annunci, rilanciati a reti praticamente unificate, quello che per l’azienda è un piano di investimenti “green” – che dovrebbe essere funzionale alla decarbonizzazione e dovrebbe puntare sulle rinnovabili – si rivela essere nei fatti una strategia all’insegna del greenwashing. Che avrà come risultato quello di aggravare la crisi climatica che già oggi colpisce duramente l’Italia e il Pianeta.

Perché parliamo di pericolose bugie? Lo spieghiamo in 4 punti:

  • Inquinare oggi, decarbonizzare… dopodomani!

Il titolo del Piano che Eni ha presentato parla di completa decarbonizzazione al 2050 (con maggior precisione: emissioni nette 0 al 2050). Obiettivo interessante, se non fosse che in realtà l’azienda prevede di abbattere il 75% delle proprie emissioni di CO2 dopo il 2030, per tagliare solamente il 25% entro il 2030. Ignorando quanto sostiene da tempo la comunità scientifica, ovvero che il decennio 2020-2030 è quello in cui dobbiamo concentrare i massimi sforzi di decarbonizzazione. E negli anni che ormai ci restano fino al 2030, così decisivi per le sorti del Pianeta, Eni che fa? Anche in questo nuovo piano prevede di aumentare l’estrazione di gas, e di continuare a estrarre petrolio: due fonti responsabili dell’emergenza climatica. Il piano sembra chiaro: oggi inquiniamo e… domani anche!

Greenpeace Italy activists take action against the oil drilling platform Prezioso, off the coast of Sicily.
  • Parole verdi e soldi neri

Ormai il green va di moda, e non ci si può esimere dal parlare di cambiamenti climatici ed energie rinnovabili. Eni lo sa, e infatti insiste spesso su questi temi. I nodi però vengono al pettine quando si trattata di indirizzare gli investimenti. A giudicare dalla comunicazione dell’azienda ci si aspetterebbe che la maggior parte degli investimenti finisca in energie rinnovabili, come solare o eolico. E invece… sono di nuovo gas e petrolio a farla da padrone!

Come si vede dalla figura 2, infatti, su un capitale di investimento medio di circa 7 miliardi l’anno, ben più della metà andrà a gas e petrolio, e solo il 20% ad attività green e al settore retail, considerati insieme. Significa che ogni 10 euro di investimento, 6,5 euro andranno ad attività che aggravano la crisi climatica, e appena 2 a quelle “verdi”. Come se non bastasse, dentro il calderone delle attività “green”, in perfetto stile greenwashing, non ci sono solo le energie rinnovabili (e il settore retail), ma anche concetti vaghi di decarbonizzazione (perfino la cattura e lo stoccaggio della CO2), economia circolare (che spesso significa bruciare rifiuti, e di conseguenza inquinare), bioraffinerie. Insomma, diciamo che di questi famosi 10 euro, alle energie rinnovabili saranno destinati addirittura meno di 2 euro. Con buona pace della crisi climatica.

  • Rinnovabili: poche e in un futuro lontano

Avendo verificato quanto siano le esigue risorse destinate alle energie rinnovabili – unica vera soluzione per decarbonizzare il mix energetico dell’azienda – non stupisce come gli obiettivi sul tema siano assolutamente insufficienti. Eni prevede di installare entro il 2024 appena 4GW di rinnovabili. Una quota imbarazzante, che non migliora neppure al 2030, quando l’azienda si pone un obiettivo di 15GW di capacità installata. Per fare un paragone con altre grandi aziende del settore del petrolio e del gas: British Petroleum (BP) ha un obiettivo di 50GW entro il 2030, mentre – facendo riferimento alla stessa data – la francese Total punta a quota 100GW. Anche questi sono ovviamente solo “annunci”, e in entrambi i casi parliamo di aziende petrolifere ben lontane dal fare ciò che serve per contrastare la crisi climatica. Ma persino la loro insufficienza risplende di fronte agli imbarazzanti obiettivi del Cane a sei zampe.

  • Tagliare seriamente le emissioni? No, meglio nasconderle

Tagliare le emissioni di CO2 è l’unica soluzione per contrastare l’emergenza climatica. Non ci sono altre vie. Se vogliamo evitare di vedere sempre più alluvioni, esondazioni, siccità, scioglimento di ghiacciai mettere in ginocchio le nostre città e la nostra economia, dobbiamo smettere di emettere CO2. E dunque di bruciare gas fossile, petrolio e carbone. Eni questo non sembra averlo capito, e infatti piuttosto che diminuire l’uso di questi combustibili fossili (nel Piano 2021-2014 la produzione aumenta del 4% l’anno) preferisce “nascondere le emissioni”. Per il suo piano di sostenibilità, infatti, l’azienda di San Donato Milanese punta molto sull’assorbimento delle emissioni da parte delle foreste e sulla cattura e lo stoccaggio della CO2, tecnologia costosissima e finora rimasta ai margini nonostante gli investimenti dell’industria petrolifera.

Per quanto riguarda i progetti legati alle foreste, relativi alla categoria REDD+, è innanzitutto poco etico pensare di poter usare un bene comune, in cui spesso vivono delle comunità, per rendicontare un assorbimento delle proprie emissioni. Inoltre, le foreste non possono essere uno “strumento” per consentire di continuare a bruciare combustibili fossili: se tutte le aziende del settore fossile imitassero questa strategia di Eni, non basterebbe un intero Pianeta ricoperto di foreste per assorbire le emissioni del settore energetico.

La cattura e lo stoccaggio della CO2 è invece una tecnologia estremamente costosa – per la quale l’azienda ha cercato di accedere ai soldi pubblici del PNRR – e dai dubbi risultati. Di recente, ad esempio, ha chiuso negli Stati Uniti un impianto che usava questa tecnologia . E la stessa Eni riporta 6 progetti su cui puntare per ridurre le emissioni. Ma, di questi, al momento solo uno risulta oggi attivo, in Norvegia.

Greenpeace Italy activists take action against the oil drilling platform Prezioso, off the coast of Sicily.

Conclusione: anche questo è un piano che aggrava la crisi climatica

Andando oltre i paroloni usati nella comunicazione aziendale, risulta subito chiaro come Eni – che nel 2018 ha emesso 537 milioni di tonnellate di CO2 (più dell’Italia intera) – non abbia alcuna intenzione di cambiare il proprio business. Nei prossimi anni estrarrà e brucerà più gas e più petrolio, mentre le rinnovabili continueranno ad essere pressappoco ignorate.

Per cercare però di darsi una bella patina di verde, l’azienda ha puntato su obiettivi di decarbonizzazione nel lungo periodo, rimandando il taglio delle emissioni ad un futuro lontano e contando su tecnologie oggi non sostenibili.

Se da una parte il greenwashing dell’azienda è diretto ai suoi clienti – che il Cane a sei zampe spera restino affezionati e aumentino di numero – dall’altra le destinatarie di questa comunicazione sono la politica italiana (che si è bevuta compiacente queste bufale, come dimostra il Piano Nazionale Italiano Energia e Clima – PNIEC – che va “a tutto gas”) e, soprattutto, l’Unione europea. È ben noto a tutte e tutti come stiano per arrivare tantissimi soldi dall’Europa, nell’ambito del Recovery Plan, fondi che saranno disponibili solo per aziende con un piano di decarbonizzazione ambizioso.

Ed ecco qua spiegato l’improvviso salto in avanti di Eni, che solo lo scorso anno ipotizzava di tagliare le emissioni dell’80% entro il 2050. E che oggi invece dice di arrivare a emissioni nette zero per tale data. Evidentemente, con l’obiettivo primario di prendere soldi per continuare il proprio business, e non di contrastare l’emergenza climatica in corso. Peccato solo che il piano presentato venerdì scorso sia vago, non credibile e soprattutto preveda gli sforzi maggiori in un futuro lontano e i danni (emissioni) maggiori… domani.

Siamo certi che questo tentativo di tingersi di verde non sfuggirà né a cittadine e cittadini, né alle istituzioni, nazionali ed europee. Noi continueremo a sottolineare ogni giorno come Eni sia un’azienda di Stato e come stia aggravando l’emergenza climatica.

Per questo chiediamo al più grande colosso energetico italiano di:

  • Fermare nuove ricerche di gas e petrolio.
  • Diminuire immediatamente l’estrazione di idrocarburi, e non aumentarla come previsto nel piano 2021-24.
  • Abbattere le emissioni grazie alla diminuzione e al progressivo azzeramento dell’uso di combustibili fossili, e non puntare su CCS e REDD+ come strumenti di compensazione.
  • Realizzare almeno 55GW di rinnovabili entro il 2030.
  • Investire in carburanti green davvero rinnovabili, come i combustibili sintetici da elettricità rinnovabili o l’idrogeno verde.

Noi continueremo a vigilare e informarvi, perché le bugie di Eni hanno le zampe corte.

An activist holds a banner reading ‘Climate Change Starts Here’ during the occupation of the ‘Prezioso’ offshore oil rig operated by the Italian oil company ENI in the Sicilian Channel.