Durante le consultazioni che il Presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi ha tenuto ieri con noi e altri rappresentanti del mondo ambientalista, è stata annunciata la creazione di un Ministero della Transizione Ecologica. Una novità di rilievo che però va sfruttata a dovere. Non dobbiamo infatti più perdere tempo, viste le emergenze climatiche e ambientali in corso.

Ecco dunque, in tre punti, quanto deve mettere in pratica il nascente Ministero della Transizione Ecologica – in coordinamento con gli altri ministeri – per non essere solo un vuoto annuncio, funzionare davvero e incidere positivamente sul nostro presente e sul nostro futuro.

PUNTO 1- UNA RAPIDA RIVOLUZIONE ENERGETICA: BASTA COMBUSTIBILI FOSSILI!

Una seria transizione ecologica – basata a sua volta su una rapida transizione energetica che abbandoni definitivamente i combustibili fossili, in favore delle energie rinnovabili – non è più rinviabile. La scienza ci dice che ci resta sempre meno tempo per salvare il clima del Pianeta, ma la buona notizia è che abbiamo la capacità e le possibilità, anche in Italia, per riuscire a invertire la rotta.

Per questo abbiamo consegnato a Draghi il nostro rapporto “Italia 1.5”, uno scenario di rivoluzione energetica – commissionato da Greenpeace all’Institute for Sustainable Future di Sydney (ISF) – all’insegna della transizione verso le rinnovabili e della totale decarbonizzazione del Paese. Un piano che permetterebbe all’Italia di rispettare l’Accordo di Parigi, diventando a emissioni zero, con vantaggi economici, occupazionali e di indipendenza energetica dall’estero.

Secondo i nostri calcoli, infatti, con una rivoluzione energetica che punti con decisione alla totale decarbonizzazione del Paese e allo sviluppo delle rinnovabili, in Italia si avrebbe entro il 2030 la creazione di 163 mila nuovi posti di lavoro: un aumento del 65 per cento circa dell’occupazione diretta nel settore energetico. Anche dal punto di vista economico la transizione potrebbe essere interamente finanziata grazie ai risparmi derivanti dalla mancata importazione di combustibili fossili al 2030. Un cambio sistemico che – accompagnato da una giusta transizione economica che garantisca che nessuno (soprattutto lavoratori e lavoratrici) venga danneggiato dai provvedimenti necessari a contrastare l’emergenza climatica in corso – condurrebbe a enormi vantaggi economici nei decenni a seguire.

PUNTO 2 – MIGLIORARE IL RECOVERY PLAN

L’Italia non può permettersi di perdere il treno della transizione ecologica ed energetica, fondamenta sulle quali basare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), conosciuto anche come Recovery plan. Il PNRR attualmente a disposizione va infatti allineato al Green Deal europeo, con obiettivi ben più ambiziosi sul versante delle rinnovabili, della mobilità e dell’agricoltura. Per questo chiediamo che il nuovo ministero e il governo lavorino a un PNRR che contenga:

1. Il rilancio serio delle rinnovabili, anche attraverso iter più veloci e semplificazioni;

2. Lo sviluppo del settore degli accumuli e delle batterie per poter utilizzare in modo più ampio l’elettricità rinnovabile;

3. Un ripensamento radicale del sistema agricolo, con riduzione delle emissioni e del numero di animali allevati;

4. Provvedimenti per la mobilità sostenibile di città e aree metropolitane.

Ma anche in presenza di un PNRR in linea con gli obiettivi europei bisognerà controllare che le scelte fatte da altri ministeri, oltre a quello della Transizione Ecologica, non abbiano impatti sulle emissioni di gas serra e sull’ambiente.

PUNTO 3 – NON PUÒ BASTARE IL SOLO MINISTERO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA

Gran parte delle scelte che impattano su ambiente e clima sono prese infatti dai ministeri dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e Trasporti, dell’Agricoltura e delle Foreste. È stato lo stesso Draghi a dichiarare però che “sarà l’ambiente a «innervare» tutti gli ambiti di investimento, spingendo a una riconversione del sistema produttivo”. Per far ciò occorre quindi che l’azione del nuovo ministero sia coordinata e sincronizzata con gli altri ministeri, per avere un impatto reale in termini di efficacia e cambiamento.

Ci auguriamo che le ministre e i ministri che comporranno il futuro esecutivo abbiano una visione chiara e consapevole dell’importanza trasversale che hanno le tematiche ambientali nell’azione complessiva di un governo, al di là del ministero di appartenenza.

Noi, come sempre, monitoreremo ogni passo fatto dal nuovo governo, facendo luce e denunciando ogni scelta che contrasti con gli annunci fatti e con l’urgenza che ci impone l’emergenza climatica in corso. Non possiamo più permetterci di sbagliare, è il momento di agire con serietà e rapidità.