Action at Italian Oil Platform "Sarago Mare" in the Adriatic Sea. © Francesco Alesi
Greenpeace activists protest in front of the Italian oil platform “Sarago Mare” in the Adriatic Sea, at 3 nautical miles from the shore. The activists act like tourists in front of the oil rig to highlight how in the future the view from the Italian coast could be. The activists also unfurl a floating banner with the text “Stop Trivelle” (“Stop Oil Drilling”). Greenpeace asks the Italian government to stop all the new concessions for oil drilling and to start investing money in renewable energy.
© Francesco Alesi

Lo scorso 5 dicembre la piattaforma Ivana D, situata nell’alto Adriatico tra Italia e Croazia, è improvvisamente scomparsa dai sistemi di rilevamento. Presumibilmente divelta per il forte vento, la trivella è stata poi ritrovata sul fondo del Mare Adriatico (a poco più di 40 metri di profondità), pochi giorni dopo l’affondamento.

Un incidente che potrebbe aver avuto come conseguenza un ingente rilascio di idrocarburi in mare. Le immagini satellitari raccolte da una indagine di Cova Contro, relative alle ore successive all’incidente, mostrano infatti la presenza di evidenti tracce rilevate dai sistemi satellitari di oil spill detection che, dapprima vicine alle piattaforme, successivamente si disperdono verso le coste croate e italiane. Chiediamo alle autorità preposte di verificare quanto accaduto e se ci siano stati fenomeni di inquinamento a seguito dell’affondamento della Ivana D.

Secondo il nostro report “Volano Trivelle”, la piattaforma in questione era ai limiti del previsto periodo di esercizio: 20 anni. Nei mari italiani esistono tuttavia molte altre piattaforme che non solo sono assai più vecchie, ma che da tempo non producono nulla e che è urgente smantellare.

E il paradosso è che potrebbero non reggere a fenomeni meteo sempre più estremi che proprio la combustione di fonti fossili ha contribuito a generare, alimentando l’emergenza climatica in corso!

Da anni, insieme ad altre organizzazioni, chiediamo che si avvii con urgenza lo smantellamento di queste vecchie piattaforme. Dopo lunghe discussioni (cui hanno partecipato le amministrazioni, ma anche associazioni ambientaliste e petrolieri), era anche stato messo a punto, dal Ministero Sviluppo Economico, un elenco di ben 34 impianti da smantellare. Elenco chiuso però in un cassetto finché – insieme a WWF e Legambientenon abbiamo deciso di pubblicarlo, stanchi di assistere a inutili perdite di tempo.

Occorre inoltre imporre un monitoraggio più efficace delle altre piattaforme e impedire una ulteriore proliferazione delle trivelle, ovviamente non solo in Adriatico.

Tra pochi giorni, infatti, scadranno i termini della moratoria che ha congelato ogni nuova attività estrattiva e di ricerca negli ultimi due anni. Chiediamo con forza una norma che blocchi per sempre ogni nuova attività estrattiva in acque italiane. Abbiamo bisogno di una rivoluzione energetica che renda questo Paese 100 per cento rinnovabile, creando posti di lavoro e tutelando clima e ambiente.

È il momento di dire basta a trivelle e combustibili fossili.