Si discute il Recovery Fund. In azione a Roma. Photo credits: @Francesco Alesi/ Greenpeace

Proprio pochi minuti fa i nostri attivisti e le nostre attiviste hanno aperto uno striscione in cima al Ponte Sant’Angelo, a Roma, con un messaggio chiaro al governo italiano e al Presidente del Consiglio Conte: “Le persone e il Pianeta prima dei profitti”.

La protesta pacifica non si è fermata a Roma: in contemporanea, a Bruxelles, abbiamo fatto volare un pallone aerostatico con il messaggio “Su che Pianeta vivete?”, destinato all’Unione europea. In queste ore infatti, proprio alla vigilia del quinto anniversario dalla firma degli Accordi di Parigi, il Consiglio europeo discuterà dei fondi per la ripartenza e dei nuovi obiettivi climatici al 2030 dell’Unione.

BRUSSELS, BELGIUM – DECEMBER 10 : Greenpeace activists float a 27-metre hot air balloon at a make-or-break EU summit in Brussels to warn that governments are not doing enough to confront the climate emergency.

Con il Recovery plan si sta decidendo sul futuro di tutte e tutti noi e siamo fortemente preoccupati dal fatto che una parte importante dei fondi destinati alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica possano finire a finanziare piani dalla dubbia utilità – promossi peraltro anche da realtà responsabili dell’emergenza climatica in corso, come Eni.

Questi fondi devono servire a tutelare le persone, i lavoratori, le piccole e medie imprese e non le grandi multinazionali inquinanti, responsabili dell’emergenza climatica i cui devastanti impatti sono visibili in questi giorni in Italia.

Si discute il Recovery Fund. In azione a Roma. Photo credits: @Francesco Alesi/ Greenpeace

Green solo a parole, i progetti del governo di cui abbiamo notizia rischiano di aggravare, e non risolvere, l’emergenza climatica e ambientale. Ad esempio, è necessaria e urgente una reale rivoluzione energetica, che viri con convinzione sulle fonti rinnovabili, creando al contempo nuovi posti di lavoro e vantaggi economici. Il governo invece parrebbe intenzionato a finanziare un progetto, per diversi miliardi di euro, come quello di Cattura e stoccaggio di CO2 (CCS), a Ravenna proposto da Eni: un investimento cospicuo su una tecnologia fino ad ora fallimentare, onerosa dal punto di vista economico e che serve solo per poter continuare a estrarre gas fossile. Non ci stancheremo mai di ricordare che il gas, come ormai ben noto in letteratura scientifica, non è meno pericoloso del petrolio per il clima del Pianeta!

Finanziare con soldi pubblici progetti per continuare a bruciare gas fossile, come il CCS a Ravenna, significa gettare benzina sul fuoco dell’emergenza climatica. Il governo chiarisca una volta per tutte se ha a cuore le sorti del Pianeta o il profitto delle grandi aziende. I soldi del Recovery plan devono essere spesi per la tutela della salute, dei diritti, dell’educazione e dell’ambiente!