Salutare Bamboo dopo quasi tre settimane a bordo non è facile. La barca a vela della Fondazione Exodus, fondata dall’instancabile don Mazzi, oggi ultranovantenne, è stata più di una casa e di uno strumento di lavoro per noi e per la spedizione “Difendiamo il mare”.

A bordo si sono alternati giornalisti e videomaker che hanno intervistato le ricercatrici dell’Università politecnica delle Marche, del Cnr IAS di Genova e dell’Istituto Thetys, oltre ai due nostri campaigner, Giuseppe Ungherese e Giorgia Monti, che hanno seguto uno la parte di spedizione incentrata sulla ricerca delle microplastiche, l’altra quella sugli impatti dei cambiamenti climatici sul mare  e del monitoraggio dei cetacei.

L’emozione di vedere due balenottere comuni nel mare di Rapallo, sotto costa, al tramonto, mentre si completava la prima fase della spedizione è stata altissima. Ricordo che ero sotto coperta a lavorare e ho sentito delle esclamazioni di gioia soffocate provenire dalla prua. Fino a quel momento niente balene, avevano danzato al nostro fianco un gruppo di stenelle al largo della Corsica e le berte ci avevano fatto compagnia nelle traversate più lunghe.

Nei cinque giorni trascorsi nella parte settentrionale del Santuario dei Cetacei gli avvistamenti sono stati, invece, continui: stenelle, piccoli delfini pelagici; tursiopi, delfini con abitudine più costiere, spesso con i piccoli tra cui due nati da poche settimane. E poi i grampi, delfini la cui popolazione residente nel Santuario non sembra superare i 250 individui, e ancora un gruppo di tre balenottere comuni, il secondo animale più grande al mondo, che qui migra in estate e di cui si stima siano rimasti solo tremila esemplari in tutto il bacino del Mediterraneo.  

Come sta il mare dopo il lockdown? Presto per rispondere, le analisi della microplatica trovata hanno i loro tempi, i campioni devono ancora essere analizzati dai laboratori.

Quel che si può raccontare ora è l’impressione individuale. Abbiamo visto tanta plastica in mare, un gran traffico di imbarcazioni in punti sensibili, ma anche un mare vivo e vitale. Le immagini subacquee scattate dal nostro fotografo lo dimostrano, pur se si vedono i primi segni degli impatti dei cambiamenti climatici con le prime morie delle “foreste” di gorgonie.

La spedizione “Difendiamo il mare” è stata quest’anno un grande sforzo corale dell’organizzazione, e non era per nulla scontato riuscire a metterla in campo dopo la primavera di pandemia. Forse eravamo l’unica organizzazione ambientalista ad essere presente in mare ed è stato importante tornare a effettuare campionamenti in posti già visitati nella spedizione della primavera 2019 e toccarne di nuovi. L’energia ce l’hanno data i tanti alleati, del mondo della ricerca e delle aree marine protette, i media che hanno seguito tappa dopo tappa il percorso della Bamboo, amici storici come Giovanni Soldini che ci ha mandato il suo incoraggiamento e nuovi amici e poi i sostenitori che credono nel nostro progetto.

“La plastica per il mare è come la droga per i giovani, fa male e va combattuta” ha detto don Mazzi salendo a bordo della Bamboo e forse, se si sta diffondendo la consapevolezza che dobbiamo liberarci della nostra dipendenza dalla plastica monouso, è anche grazie a questa barchetta che ha solcato il Tirreno a luglio.

Il nostro mare e i suoi abitanti ci stanno chiaramente mandando una richiesta di aiuto. Per proteggerli vanno definite norme precise per fermare le attività umane più dannose, a cominciare dall’inquinamento da plastica, vanno aumentati i controlli e istituite nuove aree marine protette. Se l’Italia vuole davvero proteggere entro il 2030 il 30 per cento dei propri mari, il Santuario dei Cetacei non può rimanere solo sulla carta.