«L’ormai certa riconferma di Descalzi nel ruolo di amministratore delegato di Eni non è una buona notizia per il Pianeta. Se i piani presentati da Descalzi non cambieranno, infatti, si continuerà sulla strada di una decarbonizzazione di facciata che rende Eni una delle aziende maggiormente responsabili per l’emergenza climatica in corso». Così Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace, commenta la proposta del governo sul rinnovo del management di Eni.

«La comunità scientifica ci dice che abbiamo circa dieci anni per limitare le conseguenze della crisi climatica in corso. È una follia che, nonostante le martellanti comunicazioni dell’azienda su presunte svolte verdi, Eni voglia in realtà usare sei di questi dieci anni per aumentare la propria produzione di petrolio e gas», continua Giannì. «Per compensare le proprie emissioni, il Cane a sei zampe sostiene di voler puntare su non ben definiti piani di riforestazione e sul ricorso a tecnologie ancora poco affidabili, costose e non sicure a livello ambientale, come la CCS, ovvero la cattura e lo stoccaggio di anidride carbonica», conclude.

Eni ha recentemente rivisto il proprio piano di investimenti per il 2020 e 2021 a causa della pandemia di Covid-19, ma questo non cambia la sostanza della sua strategia, che resta fortemente improntata sugli idrocarburi.

Per Greenpeace, da un’azienda come Eni che si dichiara all’avanguardia e impegnata nella decarbonizzazione, ci si dovrebbe attendere passi decisi verso altre fonti energetiche. C’è infatti da dubitare del futuro di un’azienda che continua a guardare al passato.