È arrivata anche in Toscana la spedizione “Acque senza veleni” di Greenpeace Italia che, per cinque settimane, toccherà 220 città in tutte le Regioni italiane per raccogliere campioni di acqua potabile alla ricerca di PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche), un gruppo di sostanze chimiche pericolose per la salute e conosciute come “inquinanti eterni”. L’obiettivo dell’organizzazione ambientalista è realizzare la prima mappatura indipendente della contaminazione dell’acqua potabile a livello nazionale. I dati relativi ai campionamenti saranno diffusi a inizio 2025.

In Toscana, Greenpeace Italia effettuerà campionamenti a Orbetello, Grosseto, Rosignano Solvay, Livorno, Pisa, Pontedera, Viareggio, Massa, Carrara, Aulla, Firenze, Empoli, Poggio a Caiano, Agliana, Pistoia, Montemurlo, Prato, Lucca, Poggibonsi, Siena, Arezzo, Montevarchi.

Una volta dispersi nell’ambiente, i PFAS si degradano in tempi lunghissimi e possono inquinare fonti d’acqua, aria e coltivazioni. Attraverso l’acqua e gli alimenti, queste molecole possono quindi diffondersi nel nostro sangue, con gravi rischi per la salute. Una di queste sostanze, il PFOA, è stato ad esempio classificato come cancerogeno per le persone, mentre l’esposizione a diverse molecole PFAS può causare problemi alla tiroide, diabete, danni al fegato e al sistema immunitario, cancro al rene e ai testicoli e impatti negativi sulla fertilità.

«Solo pochi mesi fa, in collaborazione con Presadiretta, abbiamo denunciato la presenza di PFAS in diversi corsi d’acqua toscani. Oggi siamo qui in Toscana per raccogliere campioni di acqua potabile in diverse città, per verificare qual è la situazione e per sensibilizzare la popolazione. Non ci tranquillizza però il fatto di aver già trovato queste sostanze in alcuni campioni raccolti poche settimane fa a Lucca e Capannori. Chiediamo con urgenza alle istituzioni locali e nazionali di garantire acqua pubblica sicura per tutti: vogliamo bere acqua pulita, libera da veleni». 

A fine luglio, Greenpeace Italia ha infatti già prelevato dei campioni di acqua potabile a Lucca (Zona San Filippo, vicino all’omonima chiesa in Via della Chiesa XXI) e a Capannori (Via Lombarda Lammari). I risultati, seppur preliminari e da confermare ulteriormente, evidenziano la presenza di PFAS in entrambi i punti di prelievo. La somma delle 55 sostanze PFAS analizzate era pari a 54,2 nanogrammi per litro a Lucca e 31,4 nanogrammi per litro a Capannori. In quest’ultimo comune i PFAS più abbondanti erano il 6:2 FTS (19,9 nanogrammi per litro) e il cancerogeno PFOA (5,9 nanogrammi per litro). A Lucca invece i PFAS presenti in quantità più elevati erano il 6:2 FTS (15,1 nanogrammi per litro), il PFPeA (11 nanogrammi per litro) e il cancerogeno PFOA (7,1 nanogrammi per litro).

Sebbene in entrambi i comuni le concentrazioni rispettino i valori della direttiva europea 2020/2184 che entrerà in vigore anche in Italia a partire da gennaio 2026, si tratta di una situazione da monitorare con attenzione. Infatti, già nella scorsa primavera, in un’analisi delle acque sotterranee del Pozzo San Filippo e limitata a solo sei molecole,  ARPAT aveva individuato concentrazioni superiori ai 100 nanogrammi per litro: oltre il limite previsto dalla già richiamata direttiva europea. Ricordiamo inoltre che in base alle evidenze scientifiche più recenti, anche a causa della comprovata cancerogenicità di alcune molecole, molte nazioni hanno introdotto limiti più rigorosi circa la presenza di questi inquinanti nelle acque potabili. Se prendessimo i riferimenti normativi introdotti da Stati Uniti, Svezia, Danimarca e Paesi Bassi l’acqua erogata a Lucca e Capannori, nei due punti monitorati da Greenpeace, non sarebbe considerata sicura per la salute umana.

«Chiediamo ai gestori e alla ASL competente di approfondire la situazione e di effettuare nuove analisi rendendo pubblici i risultati», continua Ungherese. «Parallelamente chiediamo alla Regione Toscana di attivarsi per introdurre provvedimenti sulle fonti inquinanti».