Commentando i dati diffusi oggi dal Servizio per i cambiamenti climatici di Copernicus, secondo cui giugno 2024 è stato il mese di giugno più caldo mai registrato, nonché tredicesimo mese consecutivo a battere questo tipo di record, Federico Spadini di Greenpeace Italia dichiara: «Dalla Cina all’India, dalla Grecia all’Italia, dall’Arabia Saudita alla Giamaica e agli Stati Uniti, eventi climatici estremi come alluvioni, incendi e ondate di calore hanno distrutto case, mietuto vittime e causato danni economici per oltre 41 miliardi di dollari solo nei primi mesi dell’anno. Tutto ciò accade mentre le multinazionali dell’oil&gas fanno enormi profitti sulle sofferenze delle persone: si parla di oltre 2,8 miliardi di dollari al giorno nel corso degli ultimi 50 anni».

Secondo Greenpeace, la responsabilità per la crisi climatica è imputabile principalmente a una manciata di compagnie internazionali del petrolio e del gas. Aziende che non solo hanno negato la scienza del clima o ignorato per decenni allarmi di cui erano perfettamente a conoscenza, ma che hanno anche ostacolato la strada alle soluzioni al riscaldamento globale. Come se non bastasse, continuano a pianificare ulteriori progetti di sfruttamento delle fonti fossili, un comportamento sconsiderato che mette a rischio il clima del pianeta. 

«Mentre anche l’Italia si trova ad affrontare il crescente impatto degli eventi meteorologici estremi, con il mese di giugno che ha visto il Paese diviso in due fra temporali e alluvioni al Nord e caldo estremo e siccità al Centro-Sud, il colosso nazionale del gas e del petrolio, ENI, continua a investire nei combustibili fossili senza alcuna preoccupazione per le conseguenze», continua Spadini. «Per questo motivo, in collaborazione con dodici cittadine e cittadini e con ReCommon, abbiamo portato in tribunale l’azienda italiana più pericolosa per il clima del pianeta, affinché sia obbligata a rispettare l’Accordo di Parigi e sia ritenuta responsabile per il suo contributo alla crisi climatica e ai suoi devastanti effetti».