Questo pomeriggio attiviste e attivisti di Greenpeace Italia, durante l’inaugurazione della mostra “Il cane a sei zampe, la storia di un’icona che guarda al futuro”, con cui ENI celebra la storia del proprio brand e delle sue campagne di comunicazione, hanno consegnato a rappresentanti del colosso petrolifero italiano l’Oscar del Greenwashing 2024 categoria aziende, il premio assegnato dall’associazione ambientalista «a chi della crisi climatica se ne lava la coscienza».

Gli attivisti hanno contestato l’operato dell’azienda che, sebbene in pubblico si mostri attenta alle questioni ambientali e climatiche, nella realtà dei fatti continua a investire soprattutto sul gas e sul petrolio, aggravando il riscaldamento del pianeta. Secondo i risultati emersi nel rapporto su media e clima 2023, commissionato da Greenpeace Italia all’Osservatorio di Pavia, ENI è infatti l’azienda inquinante che l’anno scorso ha più investito in pubblicità sui cinque quotidiani italiani più diffusi: quasi un’inserzione al giorno per lavarsi la coscienza e influenzare l’informazione sulla crisi climatica.

Per questo motivo, durante la contestazione pacifica al Palazzo delle Esposizioni, gli attivisti di Greenpeace Italia hanno ironicamente intonato una versione riadattata della celebre canzone “Parole parole” di Mina e consegnato alla delegazione di ENI presente all’inaugurazione una parodia del logo dell’azienda, in cui il cane a sei zampe simbolo della compagnia brucia il pianeta, metafora degli impatti che le attività di ENI hanno sul clima e sulla vita delle persone.

«Nonostante l’aggravarsi della crisi climatica e le richieste sempre più pressanti della comunità scientifica per un rapido abbandono delle fonti fossili, ENI continua indisturbata a guadagnare sul petrolio e sul gas, immettendo in atmosfera enormi quantità di gas serra mentre cerca di ripulirsi l’immagine a suon di sponsorizzazioni e pubblicità fintamente green», dichiara Federico Spadini, campaigner clima di Greenpeace Italia. «È arrivato il momento che l’azienda cambi davvero e per questo con ReCommon e dodici cittadine e cittadini italiani abbiamo deciso di portare ENI in tribunale con la Giusta Causa. Chiediamo che l’azienda sia costretta a rivedere il suo piano industriale ancora fondato sui combustibili fossili e a rispettare l’Accordo di Parigi sul clima».