A seguito di controlli ambientali effettuati da ARPA Piemonte che hanno certificato il mancato rispetto delle emissioni di PFAS nell’ambiente, nelle scorse ore la Provincia di Alessandria ha inoltrato alla Solvay (oggi Syensqo, l’unico stabilimento in Italia che tuttora produce queste pericolose sostanze) due diffide intimando allo stabilimento chimico di rispettare i limiti di legge consentiti per gli scarichi di queste sostanze. La provincia ha inoltre imposto allo stabilimento il fermo delle produzioni per 30 giorni.

«Dopo anni di silenzi e inquinamento, finalmente gli enti pubblici adottano un primo provvedimento per tutelare l’ambiente e la salute umana dalla produzione di PFAS da parte di Solvay», commenta Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «Ci auguriamo che questa sia solo la prima di una serie di iniziative degli enti preposti per imporre all’azienda il limite di scarichi zero in aria, acqua e terreni».

Secondo Greenpeace Italia, in un territorio già pesantemente sacrificato alle logiche del profitto a scapito della collettività, gli enti preposti devono mettere in atto ulteriori provvedimenti affinché non venga disperso nell’ambiente un singolo nanogrammo di PFAS e che si proceda, nel tempo più breve possibile, alle operazioni di bonifica. È il momento che le autorità decidano di schierarsi definitivamente a tutela delle comunità locali anziché degli inquinatori. 

Nelle ultime settimane l’azienda è stata al centro di rilasci di PFAS particolarmente gravi (schiume nel fiume Bormida) e gli esiti di indagini di ARPA Piemonte hanno evidenziato elevati livelli di inquinamento sia nelle acque che nei terreni. Alcune ricostruzioni giornalistiche hanno identificato il sito alessandrino come quello più inquinato da PFAS in tutta Europa. Nel 2007 l’azienda era stata già individuata come principale fonte di PFAS nel bacino del Fiume Po e recenti indagini condotte da Greenpeace Italia hanno evidenziato come le molecole prodotte unicamente nel sito alessandrino (cC6O4) siano state ritrovate nelle acque potabili di diversi comuni molto distanti dal polo chimico: non solo nella città di Torino, ma anche in numerosi comuni della Valle di Susa e alcuni della Provincia di Sondrio in Lombardia. 

Per tutelare l’ambiente e la salute delle persone, gli Stati Uniti e diversi Paesi europei hanno già adottato dei limiti all’uso dei PFAS, sostituendoli con alternative più sicure già disponibili. Greenpeace Italia chiede alle istituzioni italiane di seguire l’esempio con una legge nazionale che vieti l’uso e la produzione di queste pericolose sostanze.