Con la pubblicazione della nuova “Strategia del Gruppo Generali sul Cambiamento climatico” avvenuta ieri, Assicurazioni Generali accoglie finalmente le richieste di ReCommon e Greenpeace, adottando un piano di decarbonizzazione robusto e coerente. Le pressioni delle due associazioni per spingere il Leone di Trieste a interrompere il suo ostinato supporto al carbone sono durate più di tre anni.

«Generali compie finalmente un passo deciso nella lotta alla crisi climatica in corso, abbandonando in maniera sostanzialmente definitiva il carbone, oltre che il gas fossile e il petrolio estratti con le metodologie più impattanti. Queste mosse devono però essere un punto di partenza, non di arrivo», commentano ReCommon e Greenpeace. «Continueremo a vigilare affinché Generali rispetti la propria strategia e gli obiettivi che si è posta. Lavoreremo inoltre perché il Leone di Trieste abbandoni presto totalmente anche petrolio e gas fossile, senza eccezioni».

L’elemento più importante riguarda sicuramente l’aver fissato una data certa per chiudere ogni copertura assicurativa per le società carbonifere e i loro rispettivi asset, cioè miniere e centrali a carbone: 2030 nei paesi OCSE e 2038 nel resto del mondo, in linea con quanto richiesto dalla comunità scientifica. Questo significa dover interrompere le relazioni con quei clienti che stanno rallentando la transizione energetica in Paesi ancora fortemente dipendenti dal più inquinante dei combustibili fossili, cioè Polonia e Repubblica Ceca. Paesi in cui Generali ha assicurato le attività di killer climatici del calibro di PGE, ČEZ ed EPH.

Per le organizzazioni ambientaliste è inoltre importante che si sciolga il nodo relativo all’eccezione menzionata nella strategia del colosso assicurativo relativa ai casi di modernizzazione di impianti e retrofitting per clienti esistenti: è fondamentale che tale eccezione non diventi “la regola”, perché il modello energetico fondato sul carbone va abbandonato completamente, dato che non è migliorabile in alcun modo.

Così come accadrà per le coperture assicurative, anche gli investimenti nelle società carbonifere andranno a concludersi nel 2030 nei paesi OCSE e nel 2040 nel resto del mondo. C’è ancora il rischio che i criteri per arrivare a quota zero non siano abbastanza stringenti, dal momento che viene esplicitato come “gli emittenti con strategie di decarbonizzazione o di graduale dismissione del carbone allineate con traiettorie che limitino l’aumento della temperatura globale a 1,5°C non saranno esclusi dal portafoglio”. Greenpeace e Recommon si attendono che il colosso assicurativo non consideri positivamente i piani di aziende devastanti per il clima e l’ambiente come PGE, ČEZ, RWE, Duke – solo per citare alcune delle società carbonifere nelle quali Generali investe – che ancora non hanno fissato una data di uscita dal carbone compatibile con l’Accordo di Parigi sul clima.

Sicuramente positivo anche l’obiettivo intermedio di ridurre del 25% nei prossimi cinque anni le emissioni di anidride carbonica dei portafogli di azioni e obbligazioni societari.