L’organizzazione ambientalista annuncia oggi il vincitore della prima edizione del premio “Greenpeace Italia” per i documentari a tema ambientale presentati al Festival SiciliAmbiente, in corso a San Vito Lo Capo.

“Golden Fish, African Fish”, dei registi Thomas Grand e Moussa Diop, è tanto un documentario dalle immagini potenti quanto un’attenta ricostruzione del sistema economico che ruota attorno alla pesca tradizionale in Senegal. Una massa umana si concentra in quello che viene descritto come l’ultimo tratto di mare produttivo dell’Africa Occidentale, perché le acque circostanti sono state spopolate dalla pesca industrializzata. Da un lato, quello che si presenta allo spettatore è un esempio impressionante di economia integrata, che impiega circa quindicimila persone, dall’altro emergono tutti i limiti di questo modello: dalla fatica usurante dei pescatori ai rischi per la salute di chi lavora negli affumicatoi fino alla tensione con le popolazioni circostanti per l’insostenibile richiesta di legna da ardere.

« “Golden Fish, African Fish” ha il pregio della verità: i due registi riconoscono la forza delle storie che raccontano e le accompagnano con discrezione e talento, in una sorta di immersione dove i suoni e gli odori, anche se solo evocati, contano quanto le immagini e le parole. Una rappresentazione epica della lotta di uomini e donne per la sopravvivenza in un ambiente in continua degradazione accelerata dalla rapina industrializzata delle risorse naturali» commenta Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia, che sarà presente alla premiazione di sabato 8 Agosto.

Secondo le più recenti stime FAO, se da un lato la maggior parte degli stock di piccoli pesci pelagici al largo dell’Africa occidentale sono sovrasfruttati, dall’altro emerge – a confermare la gravità del fenomeno – che negli ultimi 25 anni le catture totali sono più che duplicate.  La minaccia emergente è rappresentata dal fatto che il pesce da cui dipendono le popolazioni costiere viene sempre più utilizzato non per l’alimentazione umana, ma per essere trasformato in farine e oli di pesce per l’industria mangimistica estera. Piuttosto che nutrire le popolazioni locali i pochi pesci rimasti nelle acque dell’Africa Occidentale adesso finiscono per lo più per alimentare altri pesci in allevamenti intensivi in Paesi lontani.

«Greenpeace denuncia da tempo questo modello produttivo ingiusto verso le persone e verso le limitate risorse dei mari e crediamo che una maggiore conoscenza di questa realtà produttiva non possa che spingere le persone a scelte più sostenibili e consapevoli nei consumi» conclude Onufrio.