Greenpeace, impegnata nella spedizione “Difendiamo il mare” nel mar Tirreno centro settentrionale, ha effettuato oggi dei campionamenti di microplastiche alla foce dell’Arno, insieme alle ricercatrici del Cnr IAS di Genova.

Secondo studi recenti l’80 per cento delle microplastiche – particelle inferiori ai 5 millimetri di dimensioni – si origina in ambienti terrestri e da lì, trasportata principalmente dai fiumi, arriva nei mari di tutto il mondo.

“I fiumi sono dei veri e propri nastri trasportatori di rifiuti plastici dai centri urbani fino a quella che sta ormai diventando la più grande discarica del Pianeta: il mare. Non stupisce quindi trovare elevate concentrazioni di micro e macroplastiche negli ambienti di acqua dolce e negli ecosistemi fluviali di tutto il mondo” dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace. “L’Arno è l’unico fiume che esamineremo in questa spedizione, mentre in quella del 2019 avevamo effettuato campionamenti alle foci di Ombrone, Tevere e Sarno. Sarà molto interessante poi analizzare e confrontare i dati raccolti”.

Nei fiumi possono riversarsi sia rifiuti in plastica più grandi, che sfuggono ai sistemi di trattamento e raccolta, che le microplastiche. Queste ultime possono derivare anche dalle nostre attività quotidiane perché contenute nei prodotti per la cura della persona, nei detersivi o rilasciate dai nostri abiti sintetici durante i lavaggi in lavatrice. Infatti, dagli scarichi delle nostre case queste microplastiche arrivano negli impianti di depurazione, in grado di trattenerne solo una frazione, mentre il resto finisce direttamente nei corsi d’acqua e da lì nei mari.

Anche la parte di microplastiche trattenute dai sistemi di depurazione però può raggiungere i fiumi e i mari attraverso i fanghi di depurazione utilizzati come fertilizzanti in agricoltura. Bisogna quindi effettuare ricerche non solo in mare aperto ma anche nei fiumi e alle loro foci perché lo stato delle acque in queste zone può darci informazioni di fondamentale importanza per comprendere da dove si originano le microplastiche e come intervenire al meglio all’origine del problema.

A livello europeo, l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) sta lavorando a una proposta per vietare l’utilizzo di microplastiche aggiunte intenzionalmente in numerosi prodotti di uso comune tra cui cosmetici, detergenti, vernici e fertilizzanti. Greenpeace ha lanciato una petizione per chiedere al ministro dell’Ambiente di sostenere la proposta dell’ECHA sulle microplastiche e migliorala inserendo un divieto anche per l’uso di plastiche liquide, semisolide e/o solubili applicando concretamente il principio di precauzione.